Chievo: viaggio all'interno della favola veronese
D'improvviso il panorama calcistico nazionale torna ad interessarsi della piccola grande realtà chiamata Chievo Verona. A nove anni di distanza il club di Luca Campedelli torna ad occupare il primo posto solitario del campionato di Serie A. Si tratta di statistica, ma è pur vero che resta traguardo epocale per una società che rappresenta un piccolo quartiere di Verona.
Giornali e opinionisti si interrogano ora su quali siano i segreti della favola clivense. L'ex direttore generale della Juventus Luciano Moggi, ospite di Michele Criscitiello a Sportitalia ha elogiato la gestione del club e la figura del presidente: "Al Chievo c'è un presidente eccezionale che non si mette mai in vista, ma fa molto. E c'è un dirigente che sa il fatto suo. Gestiscono il Chievo come un'azienza. Campedelli non la considera una società di calcio, ma la considera come un'azienda. Ed è questo il modo di portare avanti una società in questo momento: vedere cosa si spende e vedere cosa si ricava, poi dà lì si può fare una gestione". La stragrande maggioranza dei quotidiani sportivi propone un divertente parallelo tra il Chievo di Luigi Delneri e quello di Stefano Pioli. Il "Chievo dei Miracoli" che nel 2001/2002, - l'anno dell'esordio in Serie A - si rese protagonista di uno strepitoso girone d'andata, conquistò la vetta solitaria e concluse il torneo in quinta posizione. Il punto più alto della storia gialloblu (non considerando il quarto posto a tavolino del 2005/2006). Proprio per questo il paragone non può che rimanere un puro divertimento giornalistico. Il confronto infatti stride, l'oculata conduzione societaria insegna che ogni anno l'obiettivo è lo stesso: la salvezza, lo scudetto delle piccole realtà. Quel che poi viene in più è sempre il ben accetto. Lo fu per la Coppa Uefa conquistata all'esordio in A, per la Champions League ottenuta dopo Calciopoli e lo è ora con la vetta solitaria in Serie A.
La vetrina regalata dalle due consecutive vittorie iniziali (e che vittorie!) non distoglierà l'attenzione dell'ambiente Chievo dall'obiettivo unico. Dalla festa di Firenze della scorsa primavera, quando i veronesi espugnarono il Franchi e si guadagnarono il diritto di giocare il nono torneo in massima serie della storia gialloblu, il Chievo non ha smesso di entusiasmare i suoi appassionati. Da Domenico Di Carlo a Stefano Pioli, nessuno ha risentito del passaggio di conduzione tecnica e questo è andato a beneficio della partenza sprint. Proprio il tecnico clivense Stefano Pioli getta acqua sul fuoco, con le ultime dichiarazioni rilasciate alla stampa locale: "Se perderemo qualche partita non vorrà dire che saremo calati. Non abbiamo programmato partenze forti per poi gestire i cali. Sono certo che i momenti difficili arriveranno anche per noi". 6 punti su 6 all'esordio, che letti sotto altra prospettiva possono essere unicamente 6 punti dei 40 necessari per la salvezza. Il "Chievo dei Miracoli" resta lontano, quello che tutto il calcio italiano può godersi - da ormai un decennio - è però quella favola sportiva chiamata Chievo.
Il segreto è la somma di alcuni tra questi indizi. La programmazione innanzitutto, condita dalla lucida scelta di evitare mosse azzardate. Sempre e comunque. Si può anche resistere a corteggiamenti serrati verso i propri giocatori, ma solo se questi (leggi Pellissier dodici mesi fa) rappresentano la storia del club. Altrimenti piedi ben piantati per terra. Sempre, anche ora che si guardano il Milan di Ibrahimovic e l'Inter di Sneijder dall'alto.







