Carlo Muraro: "Per l'Inter giusto cedere Adriano"

Protagonista del quattro a zero che rese grande l'Inter contro la Juventus, quando in panchina, era il piglio autoritario, e mai deleterio, di Bersellini a guidare il cammino dei nerazzurri, Carlo Muraro ha offerto un'analisi piuttosto articolata sulle condizioni di una formazione, l'Inter, apparentemente priva di una reale antagonista in grado di occludere le speranze scudetto. Senza la Juventus, declassata, e senza il Milan degli "zavorrati", impelagato in una crisi senza antidoti immediati, figlia di scelte tecniche errate e vuoti di potere d'un tratto lapalissiani, Muraro ha indicato nella Roma di capitan Totti l'unica vera rivale in grado di movimentare le sorti di un campionato altrimenti moribondo, ridimensionando la posizione di Adriano all'interno delle gerarchie di uno spogliatoio a rischio di collassi. E sulla possibile, ma non per questo probabile, "naturalizzazione" di Amauri...
Domanda - Signor Muraro, potesse tornare indietro nel tempo, quale momento della sua carriera vorrebbe rivivere?
"A dir la verità, di soddisfazioni me ne sono prese molte. Credo, però, che le più belle siano quelle legate alla stagioni dello scudetto con l'Inter".
Senza dimenticare che, il suo esordio nell'Inter fu una risposta ai teoremi statistici, con sette centri in tre gare. Grazie al quale stabilì una sorta di primato...
"Certo, anche quello è un bel ricordo. Ma credo sia un qualcosa di irripetibile, perché ci sono momenti in cui, per un attaccante, basta toccare un pallone per segnare. Ed un solo passaggio, si trasforma in una rete. Però, sono altre partite ed altri gol che ricordo con piacere. Segnare per un centravanti è importante, ma l'impegno lo è di più".
Da perfetta metà di Altobelli, con il quale conquistò lo scudetto del 1980, al momento, quale crede sia la coppia d'attacco più adatta ad integrarsi, nell'organico dell'Inter?
"Vede, la qualità, nella rosa dell'Inter, credo non manchi. Tutti sono complementari, tra di loro. A mio avviso, Cruz e Ibrahimovic sono gli elementi più idonei a cooperare. In seconda fila, invece, metterei Crespo e di nuovo Ibrahimovic".
Non posso fare a meno di farle notare come, in entrambe le coppie, lei non abbia citato Adriano. Ha ragione Gigi Simoni quando afferma che, considerando i vuoti tecnici palesati a partire dall'anno scorso, sarebbe stato meglio vendere la punta brasiliana a giugno?
"Come al solito, grazie alla sua immensa esperienza, Gigi Simoni ha visto lontano. E, probabilmente, ha visto anche bene. Il segnale che Adriano non fosse indispensabile, si è colto già ad agosto, quando la società ha deciso di comprare Crespo ed Ibrahimovic. Era un segnale di sfiducia, ecco. Forse, sarebbe stato giusto permettergli di cambiare aria. Adriano giocherebbe titolare in ogni altra società. Al momento, la sua stagione è fallimentare. Ma se continuerà ad impegnarsi, potrà aiutare l'Inter a vincere qualcosa di importante".
Per quanto concerne il temporaneo "soggiorno" di Adriano in patria, la decisione presa dalla società, a pochi giorni dalla stracittadina, rischia di incrinare la fiducia del brasiliano oppure, a suo avviso, sarà il propellente della rinascita tanto attesa?
"Sotto l'aspetto psicologico è stato un passo importante, quello di farlo tornare in Brasile. Una decisione che ha conferito maggiore responsabilità all'intera squadra, facendo capire ad Adriano che, di uomini indispensabili, all'Inter non ce ne sono".
Rimaniamo ai vertici di una delle classifiche più atipiche degli ultimi dieci campionati. Si sarebbe aspettato, ad inizio campionato, un Roma dietro al Palermo, nella lotta per lo scudetto?
"Guardi, io vedo la Roma come reale antagonista all'Inter. Per le qualità che possiede e per la qualità dell'organico. Per quanto riguarda il Palermo credo che, oltre a meritare una posizione di vertice per ciò che ha dimostrato in campo, i siciliani siano stati favoriti da un calendario non proibitivo. Ma alla fine, a fare la differenza, saranno le alternative tecniche e la maggiore esperienza. Bisognerà vedere, inoltre, quando il Palermo accuserà le prime defezioni, se i sostituti saranno all'altezza dei titolari".
Forse, l'unico problema dell'Inter sarà quello di non poter dimostrare appieno il proprio valore, e quindi celebrare al meglio un probabile scudetto, senza la presenza della Juventus, declassata in cadetteria, e del Milan zavorrato. Non trova?
"Vede, l'Inter ha tutto per vincere questo campionato. L'unico problema, potrebbe essere la pressione accumulata in questi mesi. Le ripeto, l'unico avversario, potrebbe essere questo".
Quindi, come sosteneva Trapattoni, lei conferma la percezione secondo la quale l'Inter è paragonabile ad una sorta di 'centrifuga'...
"In parte si. Ma credo che determinati equilibri, ormai li abbiano raggiunti. Adesso, la cosa da fare è quella di applicare, in campo, l'immenso potenziale".
Per quanto concerne Amauri, dopo l'esperienza della naturalizzazione di Camoranesi, anche grazie alle insistenze di Luciano Moggi, al tempo direttore generale della Juventus, lei ritiene che Amauri possa essere di gradevole supporto al reparto offensivo azzurro?
"Vede, se lei mi chiede un giudizio tecnico, il mio non può che essere positivo. Ma io, in Nazionale, farei giocare gli italiani. Non ho nulla contro Amauri ma, in circolazione, ci sono molti italiani che si stanno esprimendo ad alti livelli. Punterei su quelli, ecco".
Azzardiamo un'ipotesi. Forse, sarebbe opportuno cooptare elementi come Quagliarella o Bianchi?
"Quelli che lei ha citato, sono giovani che si stanno comportando bene. Ma ci sono anche tanti altri campioni, dotati di maggiore esperienza, come Alberto Gilardino. Non dimentichiamo che il bomber del Milan ha un potenziale realizzativo elevato, e forse sta patendo più del dovuto il momento dei rossoneri".
A suo avviso, le dimissioni di Lippi rappresentano un errore di valutazione, che rischia di creare un pernicioso vuoto di potere, oppure un gesto signorile per rispondere, da vincitore, alle critiche piovutegli addosso...
"A mio avviso, Lippi ha lasciato da vincente. L'unità di intenti, ha permesso di vincere il Mondiale. Tornando alla sua domanda, per me, ha fatto bene a lasciare. Soprattutto perché ripetersi non è facile. E forse, Lippi aveva compreso che, questa Nazionale, non avrebbe avuto il tempo necessario per conquistare nuovi successi".
Potesse affacciarsi sulla finestra del destino, cosa vorrebbe nel suo futuro e nel futuro dell'Inter?
"Per l'Inter, ho sempre un dolce ricordo. Il primo risultato che voglio sentire la domenica, è quello dei nerazzurri. Ho vissuto a Milano per tredici anni. E spero che vinca sempre, la mia Inter. Per quanto riguarda il futuro, spero solo di poter lavorare bene. I successi devono essere meritati".