Di Pietro e lo scandalo: "Stanno cancellando tutto"
«L´Italia è il paese dei gattopardi, certo, ma anche quello dei colpi di spugna, dei conflitti d´interessi, delle leggi con l´inganno incorporato, dei processi che aggiustano le inchieste, dei giornali che piegano la realtà agli interessi di bottega, degli indulti-omaggio. Questo e solo questo ci ha insegnato lo scandalo del calcio. Guido Rossi ha ragione, e lo capisco. Ma, in cuor mio, temo che non farà in tempo a dimostrarlo: perché più si addentrerà nel cancro del pallone, che è il paradigma della nostra società, più troverà gente disposta solo a crocifiggerlo». Più apocalittico che pessimista, più incupito che arrabbiato, il ministro Antonio Di Pietro, già magistrato di punta del pool Mani pulite, è un fiume in piena: «Il modo in cui si sta cancellando tutto è una vergogna», dice commentando l´intervista di Guido Rossi a Repubblica sullo «scandalo dimenticato del calcio».
Davvero non si aspettava che finisse così?
«Non lo so. Non ci avevo pensato. Certo è che, a cose fatte, c´è da dire davvero che sotto il sole non spunta mai niente di nuovo».
Anche lei è convinto che sia finito tutto a tarallucci e vino, quindi.
«Sì. E questa è l´ennesima conferma che il paese vive spaccato da un enorme divario tra la volontà popolare e le decisioni di parte della classe dirigente, dei potenti. Basta osservare quello che è successo dallo scandalo di tangentopoli in poi. Ogni volta che si è scoperto un male si è preferito criminalizzare il medico che lo aveva scoperto piuttosto che curare il male. E ditemi voi quale logica c´è in questo».
Secondo lei perché accade ciò?
«La risposta è molto semplice.
Perché esiste un conflitto di interessi intrinseco e mortale all´interno delle istituzioni».
Lei pensa che sia un caso che i protagonisti del varo dell´indulto e dello scandalo del calcio, ovvero il ministro Mastella e il presidente Della Valle siano amici?
«Non lo so. Comunque è irrilevante. Quello che è rilevante è il messaggio che passa con atteggiamenti del genere. Il messaggio dell´impunità. Ricordo che quando scoppiò lo scandalo a me e a Della Valle ci invitarono a Matrix. Della Valle parlò per primo. Disse un sacco di cose gravissime, io mi ricordo che trasecolai e gli dissi: "Presidente ma si è accorto che lei, ora, ha confessato?". E la verità era che no, non se ne era accorto. Perché in certi ambienti si è talmente abituati a certe cose, a certi atteggiamenti che alla fine sfugge persino la percezione del proprio comportamento».
Cosa pensa degli sconti sulle condanne subite dalle società. È un tema a lei notoriamente caro.
«È una vita che vado dicendo che fare gli sconti è un comportamento criminogeno. Proprio perché poi passa il principio dell´impunità, e il criminale è portato a protrarre il proprio comportamento deviante più a lungo e più intensamente».