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Eugenio Bersellini: "Io sarei andato via"

Eugenio Bersellini: "Io sarei andato via"
venerdì 15 settembre 2006, 10:082006
di Appi .
fonte di alvise Cagnazzo per Nesti Channel
Una bellissima intervista a Eugenio Bersellini fatta da Alvise Cagnazzo di Nesti Channel

Il sentimento dell'ipocrisia, non trova rifugio in Eugenio Bersellini. Il vecchio "sergente di ferro" non ha paura di esprimere i propri concetti, così lineari e limpidi da scuotere la palude di un mondo reduce dallo scandalo di "calciopoli". Forse, non ancora pronto ad affrontare la propria ristrutturazione. Nel dialogo, serrato, vigoroso e mai banale, Bersellini ha sfiduciato Figo dal ruolo di fantasista dietro le due punte, esaltando Cambiasso e criticando la scelta relativa alla cessione del regista Pizarro. E sull'assegnazione, a tavolino, dello scudetto alla sua Inter...

Domanda - Signor Bersellini, in pochi giorni l'Inter ha mostrato due volti diversi. La sconfitta con lo Sporting Lisbona rappresenta una semplice battuta d'arresto, oppure è lo specchio dell'incostanza della formazione nerazzurra?

Risposta - Credo che l'Inter, non sia mai stata così completa in tutti i reparti. Quindi, ritengo sia stato il risultato di un calo mentale, generato dalla disputa di molte partite in una sola settimana. Dopo un mese di preparazione, i giocatori non sono in grado di reggere più partite in sette giorni, soprattutto dopo aver speso molto nella gara di Firenze.

Domanda - L'idea di schierare Figo a ridosso delle punte, è la soluzione migliore per sostituire la genialità di Veron?

Risposta - Far degli esempi, non è bello. Però, Figo a mio avviso non è un centrocampista centrale. Non lo è perché non lo ha mai fatto. Il portoghese, in Coppa dei Campioni, non ha giocato male, ma era sempre portato a finire nell'imbuto, ovvero a portare palla convergendo al centro. Lui è bravo sulla fascia laterale. Incrociando, ed eventualmente sganciandosi dal lato sinistro, per tirare in porta o effettuare passaggi. Cosa in cui è molto abile. Però non è in grado competere di con gli atri fantasisti. Che in Italia, a dir la verità, non sono molti.

Domanda - Nella precedente intervista che mi ha rilasciato, non molto tempo addietro, il perno del discorso si basò sull'importanza dell'asse centrale in una squadra. Nell'Inter di Mancini questo asse è formato da Toldo, Samuel, Vieira ed Ibrahimovic, o lei rintraccia un'altra soluzione?

Risposta - Guardi, più che Vieira, direi Cambiasso. Perché l'argentino è più tattico. Mentre Vieira, per conto mio, dovrebbe giocare a destra o a sinistra, compiendo una diagonale con Cambiasso alle sue spalle. Naturalmente, questo è il mio pensiero.

Domanda - Un parere che conta, il suo.

Risposta - Vede, io sono quello che è arrivato a Milano ed ha portato il rombo. E lo scriva, questo. Senza paura di smentite. Perché chi dice il contrario, è un bugiardo. Le dico ciò perché, grazie a questa mia invenzione, credevano che fosse arrivato l'imbecille del paese. E mi giunsero critiche per un anno intero. Con questa precisa disposizione tattica, io consideravo determinante un fattore, secondo il quale un elemento debole nei contrasti, doveva essere sempre coperto da un giocatore di grande spessore. Questi due che lei ha nominato, ovvero Cambiasso, che dovrebbe giocare in posizione arretrata, e Vieira, sono due ottimi centrali di centrocampo. E le aggiungo un'altra cosa. Cambiasso, nella partita con la Fiorentina, giocando dietro, si guardava a distanza con Liverani. Ecco, Liverani ama giocar palla, ma è lento. Cambiasso, invece, è più veloce. I suoi due centri, molto belli, sono il risultato della capacità di sapersi smarcare.

Domanda - Lei, sino a poco tempo, è stato, insieme a Trapattoni, l'ultimo tecnico ad aver trionfato in campionato con l'Inter negli ultimi venti anni. Per come è maturato l'ultimo successo, ovvero a tavolino, sente ancora suo questo primato?

Risposta - Guardi, fossi stato l'allenatore dell'Inter, lo scudetto non l'avrei preso. Piuttosto, me ne sarei andavo via. Non lo avrei voluto perché, per me, il bello del calcio è il campo. Quando, sono per strada, e vedo un bel terreno, anche senza porte, dico: "Pensa te, guarda qui a fare un bel campo. Ed invece lo lasciano cadere". Ma poi, perché lo hanno vinto?

Domanda - Considerando anche che in quell'anno, la Juventus diede molti punti di distacco proprio all'Inter.

Risposta - Quello che lei dice, è vero. Io posso anche sbagliarmi. Il giudizio, è il mio. Ma, le ripeto, io non lo avrei mai accettato. Mi è sembrato strano, ecco. Quando ero allenatore, facevo anche cose che non rientravano nelle mie mansioni, con gli altri dirigenti. Come stare sveglio due ore in più a notte, per vedere se qualcuno usciva dall'albergo. Lavorando in quel modo, lo scudetto me lo presi volentieri. Questo, invece, non lo vedo. Non lo sento. Anzi, le dico di più. Non mi interessa. E non per fare polemiche, ma quando ho vinto lo scudetto non c'erano dieci stranieri in campo come oggi.

Domanda - Quale è la sua personale classifica del campionato, oltre all'Inter favorita.

Risposta - Io vedo l'Inter super favorita. Poi Roma e Milan. Per me, l'Inter deve solo stare attenta ad una cosa. Alle chiacchiere.

Domanda - Quali, invece, i migliori acquisti nerazzurri?

Risposta - Sono due, a mio avviso. Ibrahimovic e Vieira, che sono tra l'altro la congiunzione ideale con Cambiasso. Senza dimenticare che quest'anno, tutti i giocatori si sacrificano tra di loro.

Domanda - Forse, l'unico errore di mercato del patron Moratti, è stata la cessione di Pizarro. Non trova?

Risposta - Guardi, sta parlando con chi lo vide esordire a Firenze. E mi accorsi subito che sarebbe diventato un ottimo giocatore. E mi accorsi subito anche di una somiglianza, quella con Pirlo. Durante la diatriba che si è creata intorno al suo trasferimento ho pensato: "Questi, non hanno capito proprio niente". Poi, Spalletti, che stravede per lui, lo ha voluto con tutte le forze. E nella partita con lo Shakthar, se lo ha osservato attentamente, si è potuto notare come sia stato bravo ad usare il muscolo più importante per un atleta. Il cervello.

Domanda - Recentemente è scomparso Facchetti. Quale è il suo personale ricordo del "Cepi"?

Risposta - Vede, nessuno ha idea di quanto l'Inter abbia perso con la scomparsa di Facchetti. Il mio ricordo, tornando alla sua domanda, è eccezionale. Lui voleva smettere, perché desiderava entrare nel settore tecnico della squadra. Ma poi ha desistito, prolungando di un anno. Con me in panchina. E con me ha giocato con frequenza. Ed aveva un interesse, oltre ad aiutare l'Inter, quello di aiutare anche la Nazionale ai mondiali messicani. Ma purtroppo, si fece male in una partita a Torino con la Juventus, e non partecipò più alla spedizione azzurra. E sono favorevole anche al ritiro della maglia numero tre. Con tutte quelle che hanno ritirato, vuole che non ritirino questa?

Domanda - Potesse affacciarsi sulla finestra del destino, cosa vorrebbe vedere nel suo futuro?

Risposta - Io sto cercando mettere a punto un programma relativo alle scuole calcio. Cercherò di organizzarne una quest'anno. E grazie al supporto di un mio collaboratore in Libia, ovvero Ferrari, stiamo preparando questi corsi. Lo farò per dare una mano ai giovani. E le dico questo perché so bene cosa è accaduto, cosa sta accadendo e cosa potrà accadere in futuro. Non sono fatti miei, e non voglio pensarci. Però, vorrei che i giovani tornassero a vivere questo mondo come un gioco. Come è stato preso da me, da ragazzo. Io quando ero piccolo, giocavo scalzo. Facevamo degli incontri che partivano dalla due del pomeriggio fino a sera. Sono soddisfatto per quello che ho fatto. E questa sarebbe la ciliegina, come si suole dire.

Domanda - Un vero e proprio ruolo da maestro, insomma.

Risposta - Sono rimasto legato a tutti i miei giocatori. Ho litigato con parecchi. Ma dopo due minuti finiva li. Non ho mai portato il broncio, e non ho mai creato ritorsioni contro chi mi toglieva il saluto. Anzi, ero io che dicevo di non salutarmi. Chiedendo soltanto di giocare bene. Le svelo un aneddoto. Ieri, da Milano, mi hanno chiamato quelli di "Al Jazeera". Ed è andato a presenziare un mio vecchio collaboratore. Un libico. Al termine, mi ha poi chiamato: "Se lei sapesse cosa ha detto al telefono di lei Altobelli, davanti a tutta l'Italia, vorrebbe venirmi a trovare subito".

Domanda - Quello stesso Altobelli che realizzò una tripletta in un clamoroso quattro a zero con la Juventus. Dove segnò, tra l'altro, anche Muraro.

Risposta - Esatto. Anche se in quella partita, nel primo tempo loro avrebbero meritato il vantaggio. Ma quel quattro a zero, fu un bel quattro a zero.