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Ivor Broadis, il manager che cedette... sé stesso

Ivor Broadis, il manager che cedette... sé stesso
mercoledì 18 ottobre 2006, 12:432006
di Germano D'Ambrosio

Il calciomercato regala talvolta alcune storie curiose che non emergono in superficie, magari perché lontane nel tempo e nello spazio. La seguente appartiene a questa categoria. Il protagonista non è propriamente uno sconosciuto: trattasi di Ivor Broadis, che i più anziani ricorderanno con la maglia dell'Inghilterra ai Mondiali del 1954 - nel girone dell'Italia, durante la prima fase -, attaccante di razza che segnò il suo primo gol in Nazionale proprio agli azzurri, il 18 maggio 1952 (a Firenze, 1-1 contro Boniperti e Piola). Un uomo che ha cominciato ad accumulare aneddoti bizzarri fin dal suo ingresso nel mondo del calcio: il suo nome all'anagrafe era Ivan, ma il funzionario della Football League che per primo lo registrò in archivio lesse male la firma e lo "ribattezzò" Ivor. L'errore non fu mai corretto, e anzi fu accettato di buon grado dal giocatore, il quale iniziò la sua carriera con le maglie di Finchley, Northfleet, Spurs e Milwall, clubs poco più che dilettantistici. Nel 1946, a 23 anni, lo chiamò il Carlisle (allora in Terza Divisione Nord), affinché si cimentasse nel ruolo di player-manager: ancora oggi - ecco un'altra particolarità - si tratta del più giovane in assoluto ad aver ricoperto questo incarico nella storia del calcio. Broadis, come dirigente, lavorò a fondo sulle basi organizzative e finanziarie del club, portandolo ad una invidiabile stabilità economica.

Nel gennaio 1949 avvenne l'incredibile: il Sunderland gli presentò un'offerta di 18.000 euro per approdare in Premier League, ma soltanto come giocatore. Dunque Broadis, giustificando la mossa con i benefici finanziari che ne avrebbe tratto il Carlisle, in qualità di dirigente mise sé stesso in lista trasferimenti e si auto-firmò il nulla osta per la propria cessione. Il suo posto fu preso da Bill Shankly; Broadis da quel momento spiccò il volo e proseguì una fulgida carriera, che lo portò tra l'altro anche nel Manchester City e nel Newcastle (ritornò pure al Carlisle, in età avanzata). Nel 1962 si ritirò e intraprese la carriera giornalistica. In un momento storico in cui il rapporto tra giocatori e dirigenti è sempre più conflittuale e basato sulle logiche del profitto, resta l'unico esempio di manager che cedette... sé stesso!