L'intervista di Della Valle all'Espresso
Ecco l'intervista a Diego Della Valle presente oggi sulle pagine de L'Espresso:
L'inizio è riservato al futuro del mondo del calcio, un ambiente le cui regole devono per forze essere riscritte:
"Se ne occupi chi davvero sa di sport e di pallone -attacca il Patron viola- Non un avvocato di 75 anni travolto da una passione senile per un mondo che gli ha dato di colpo un'immensa popolarità. Un mondo che deve essere ricostruito dalle fondamenta perché è un patrimonio innanzitutto dei tifosi e non dei presidenti".
E un avvocato del calibro di Rossi non può avere un ruolo in questa rifondazione?
"Lui da solo assolutamente no. Niente di personale. Questo è un lavoro che deve essere fatto da un gruppo di persone che conoscono il mondo del pallone e le leggi da ogni angolazione. Rossi invece non capisce assolutamente nulla di calcio. Non è in grado di ricoprire l'incarico a cui è stato chiamato perché manca di esperienza. Non basta essere consulenti dell'Inter per conoscere il calcio e i suoi problemi. La Federcalcio ha bisogno al più presto di un presidente vero, non di un commissario. Un commissario, va detto, a cui l'improvvisa popolarità ha fatto perdere il senso della misura e degli obiettivi veri del suo mandato".
In concreto a che cosa si riferisce?
"Basta vedere come sono stati gestiti i processi. Ha mandato allo sbaraglio un giovane palesemente incapace di reggere una tale mole di lavoro in così breve tempo. E infatti la fretta non ha certo aiutato a essere precisi".
Ce l'ha con il procuratore Palazzi?
"Niente di personale. Il fatto è che era umanamente impossibile gestire una mole immensa di materiale come quella emersa dalle indagini, arrivando a una sentenza equilibrata nei tempi brevissimi che la giustizia sportiva ha voluto darsi. Il grande errore è stato voler trasformare un processo legittimo in uno spettacolo mediatico basato sulla velocità del giudizio".
Ammetterà che, essendo stato condannato, il suo giudizio potrebbe apparire non proprio sereno..
"Se è per questo penso che il verdetto d'appello sia molto coraggioso. Ha tolto un po' del piombo che l'incredibile sentenza di primo grado ci aveva scaricato addosso. Riteniamo comunque profondamente ingiusto l'esito dei processi e noi ricorreremo in ogni sede opportuna per farci restituire ciò che ci è stato tolto. Adesso, però, c'è un punto da cui ripartire".
Per andare dove?
"Come dicevo, bisogna riscrivere le regole".
Vasto programma. Da dove si comincia?
"Dalla questione più importante di tutte, cioè i diritti televisivi".
Su questo punto il governo ha già deciso. Si torna alla vendita collettiva.
"Ma non basta. Vanno introdotte delle norme che rendano impossibile i ricatti, neppure tanto velati che erano molto comuni nel calcio che abbiamo sinora conosciuto".
Cioè?
"Diciamo che la promessa di un contratto televisivo poteva orientare le scelte politiche dei presidenti dei club, in Lega o altrove".
Come si risolve il problema?
"Fissando dei parametri rigidi sulla distribuzione delle risorse. In modo che una squadra con un certo seguito di tifosi che ottiene un determinato piazzamento in campionato sappia già all'inizio della stagione successiva quanto denaro potrà incassare dalla vendita dei diritti".
I politici dovrebbero entrare in questi particolari?
"La politica deve fissare gli indirizzi. E indicare gli uomini che dovrebbero tradurli in regole nuove. Senza dimenticare un altro capitolo importante: gli arbitri".
Quale dovrebbe essere la novità?
"Devono diventare un mondo a parte. Completamente slegato dagli altri enti di gestione federali. Gli arbitri dovrebbero operare in totale autonomia per evitare anche il solo sospetto di influenze indebite sul loro lavoro".
Veramente, da quel che risulta dalle indagini, anche lei nel maggio del 2004 si è incontrato con il designatore Paolo Bergamo.
"In quell'incontro non è successo assolutamente niente. è stato descritto e fotografato dai carabinieri che ci seguivano come se fosse un abboccamento di latitanti in Aspromonte".
E invece...
"E invece eravamo in uno dei migliori alberghi di Firenze. In un luogo pubblico. Le pare che se avessi avuto qualcosa da nascondere avrei scelto un posto simile per conoscere il designatore arbitrale? Lo stesso Bergamo ha detto nelle sue deposizioni che normalmente incontrava i rappresentanti dei club per discutere questioni di lavoro. Io l'ho incontrato una sola volta, a colazione".
Di che cosa avete parlato?
"Per gran parte del tempo abbiamo discusso dei massimi sistemi. Come va il calcio, cose così. Poi io gli ho fatto presente che le ultime partite della Fiorentina erano state arbitrate in modo non proprio soddisfacente per noi. E Bergamo ha risposto che nelle successive giornate di campionato i match decisivi nella lotta per non retrocedere sarebbero stati diretti dagli arbitri migliori. I migliori in assoluto. Non i migliori per noi. E infatti abbiamo avuto fischietti del calibro di Collina e Rosetti. Piuttosto, a proposito di questo colloquio io mi faccio un'altra domanda".
Prego, se la faccia.
"Mi chiedo perché non è stato intercettato il mio colloquio a colazione con Bergamo. Come mai? Oppure una registrazione esiste e non è stata inserita nelle carte del processo perché avrebbe smentito un teorema che ci voleva già condannati in partenza? è solo una mia supposizione, ma il sospetto rimane".
Torniamo alle regole nuove e a chi dovrebbe scriverle. Rossi non le va bene. Chi, allora?
"Non sta a me fare nomi. Nel mondo dello sport esistono persone competenti e non compromesse con il passato che possono ricoprire questo incarico".
Si fa un gran parlare di nuovi modelli di gestione della Lega. Qual è la sua opinione in proposito?
"Presidente e direttore generale dovrebbero essere scelti fra non tesserati per evitare ogni conflitto di interessi. Poi andrebbe varato un comitato di sorveglianza espressione dei club. Questo organismo servirebbe a vigilare sui manager che gestiscono e a decidere le linee strategiche, la politica generale della Lega. Su queste linee guida, peraltro, mi pare ci sia già un consenso di massima".
A un certo punto per la transizione si era fatto il nome di Massimo Moratti. Cosa ne pensa?
"Personalmente appoggerei una candidatura di Giacinto Facchetti, uno sportivo che rappresenta al meglio i valori di onestà e pulizia morale che dovremmo riportare nel calcio. I rappresentanti della Fiorentina non avrebbero mai potuto votare a favore di Moratti, che mi ha molto deluso come persona".
Perché?
"Mi ha lasciato solo. E non soltanto in queste ultime settimane difficili. In privato mi diceva di essere d'accordo con le mie posizioni. Diceva di appoggiare le mie battaglie in Lega per cambiare il modo di gestire il calcio. Dopo però si sedeva a tavolino per spartirsi i diritti tv insieme a Milan e Juventus. Senza contare che in questi giorni, quando noi eravamo sotto schiaffo per i processi sportivi, è stato il primo a partire all'assalto per cercare di portarmi via un calciatore come Toni. Questo comportamento davvero non mi è piaciuto. Trovo che Moratti dovrebbe evitare di sfogare così la frustrazione che gli deriva dal non vincere mai niente. E come ex interista questo mi dispiace".
Perdere non è una colpa.
"Certo, ma il mio ragionamento è un altro. Penso che le squadre di calcio siano un patrimonio dei tifosi ceduto, per così dire, in comodato ai presidenti che si impegnano a gestirle. Se entro un certo arco di tempo un presidente non è in grado di far vincere la propria squadra, di raggiungere i traguardi che si era prefisso, allora quel presidente dovrebbe farsi da parte per non generare frustrazione nei tifosi. Questa, almeno, è la regola che ci siamo dati io e mio fratello Andrea".