Matias, il cielo è il tuo limite
No, non siamo impazziti. Stiamo solo riportando quello che pensano i tifosi del Colo Colo, del loro idolo, Matias Ariel Fernandez. "MatiGol", "El Mago", "El Director" ed "El Pelusa" sono alcuni dei soprannomi, che gli hanno affibbiato e, tra l'altro, l'ultimo è lo stesso, con cui veniva chiamato, da piccolo, un certo Diego Armando Maradona. Un segno del destino? Aldilà della venerazione dei suoi tifosi, chi è e quanto vale questo ragazzo?
Nessuno, nell'estate del 1986, sapeva che giusto un paio di mesi prima che "El Pibe de Oro", facesse sfracelli con la nazionale, conquistando la Coppa del Mondo, a circa 30 km dal barrio di Villa Fiorito, dove era cresciuto, era nato un altro possibile fenomeno. La storia di Matias comincia a Merlo, in Argentina, dove nasce il 15 maggio del 1986, secondo di tre fratelli (Ezequiel e Nazareno, ora di 21 e 6 anni), da padre cileno (Humberto) e madre argentina (Mirtha). Quando Mati ha cinque anni, tutta la famiglia attraversa le Ande e va a stabilirsi a La Calera, 90 chilometri a nord ovest da Santiago del Cile. Fin da piccolissimo "El Pelusa", dimostra un'abilità con la palla fuori dal comune. Comincia a giocare nell'Unión La Calera e strabilia già a tal punto che ogni volta che gioca, la mattina alle 10, un foltissimo gruppo di appassionati si raduna in luogo prestabilito e tutti insieme si incamminano verso lo stadio solo per vedere le magie del piccolo prodigio. Juan Carlos Diaz, ora come allora, magazziniere del piccolo club, ricorda: "Tutti sapevamo che sarebbe potuto arrivare lontano, dato che la prima volta che entrò in campo con la maglietta rossa e la "U" sul petto, dimostrò una qualità tale che pochissimi hanno a quell'età, ma non mi sarei mai immaginato che sarebbe stato tutto tanto veloce. Magari continuasse così, perché si merita di arrivare molto più lontano". Tutte le persone (vicini di casa, amici, dirigenti, allenatori... sindaco!) che hanno avuto a che fare con il piccolo Fernandez, si inorgogliscono quando gli si domanda qualcosa sul ragazzo. Anche Margarita Moreno, sua insegnante nei primi anni di scuola, ha parole al miele: "Matías fu un eccellente alunno, tranquillo e socievole, ma molto timido ed introverso. Era anche sempre disposto ad aiutare i compagni in difficoltà". All'età di 12 anni, entra nelle giovanili del Colo Colo e l'ascesa attraverso le varie selezioni inferiori si ferma solo a 17, per un serio problema alla colonna vertebrale che ne mette addirittura a rischio la carriera. Fortunatamente tutto si risolve nel migliore dei modi ed il primo agosto del 2004 debutta in campionato entrando dalla panchina, contro l'Universidad de Concepcion, e neanche sette giorni dopo, realizza i suoi due primi gol, entrambi contro il Cobresal. In nazionale, dopo aver giocato nel 2005 il sudamericano Under 20 in Colombia ed il Mondiale (sempre U20) in Olanda, ha debuttato anche nella selezione maggiore. Con la "roja", la partita più bella giocata fino ad ora è stata la finale di andata per la Coppa del Pacifico, contro il Perù, in cui ha realizzato una doppietta con due calci di punizione magistrali. In poco tempo diventa sempre più determinante ed incisivo per il Colo Colo (negli ultimi tempi in crisi finanziaria e di risultati), che riesce a trascinare alla vittoria del titolo di Apertura 2006, in finale contro l'Universidad de Chile. Quest'anno il team guidato da Borghi (proprio l'ex milanista) è riuscito ad arrivare, dopo una grande cavalcata, anche alla finale di Copa Sudamericana, purtroppo persa contro il Pachuca (dopo aver pareggiato in Messico la partita di andata ed essere passati in vantaggio, di un gol, in casa) ed a vincere anche il titolo di Clausura. La finale di andata, contro l'Audax Italiano (vinta 3 a 0, con il primo gol segnato proprio da Mati, con una fantastica punizione di esterno destro da 30 metri), è stata l'ultima partita giocata con il club che l'ha cresciuto. Che giocatore vedremo ora nella Liga?
Destro naturale (ma sa usare pure il sinistro), normolineo potente (177cm x 75kg), Fernandez è un centrocampista offensivo che predilige giocare da rifinitore dietro le punte (anche se è in grado di fare pure l'attaccante esterno o il regista davanti la difesa). Rapido nei primi metri, devastante in progressione, resistente alle cariche, svaria ovunque sul fronte offensivo con una grandissima imprevedibilità, tagliando il campo indifferentemente da sinistra a destra, o da destra a sinistra. Tecnicamente è impressionante (non ha nulla da invidiare a Ronaldinho, da questo punto di vista), salta l'uomo con irrisoria facilità e in innumerevoli modi diversi.
Generalmente tende ad abbassarsi per ricevere palla, per poi impostare o rifinire l'azione grazie ad una visione di gioco fuori dal comune. Proprio grazie a questa straordinaria abilità, riesce a liberarsi della sfera al momento opportuno, mettendo sovente il compagno davanti al portiere. Illuminante, a tal proposito, l'assist a Fierro, per il gol del 3 a 0, nella semifinale d'andata dei playoff del Clausura 2006 contro il Cobreloa, di un paio di settimane fa: l'ala destra ha dovuto solo appoggiare la palla in rete, dopo una discesa palla al piede di 40 metri di Matias, conclusa da un passaggio filtrante finale, con lo sguardo rivolto dalla parte opposta. Dal proprio repertorio il diamante del Colo Colo è in grado di tirare fuori mirabilie di ogni tipo: gol con tiro praticamente da centrocampo, "rabone" a iosa, doppi passi, tunnel, pallonetti, reti con avversari saltati come birilli partendo anche dalla propria metà campo, punizioni incredibili da 25, 30, 35 metri calciate sul primo o sul secondo palo, d'interno o d'esterno... insomma, di tutto e di più.
Credo sia superfluo ricordare come un giudizio basato solamente su queste magie possa essere estremamente fuorviante, e la storia del calcio è piena di incredibili fallimenti di giocatori che promettevano fuoco e fiamme. Per quel che riguarda i difetti che si possono notare attualmente, il più evidente (e il più comune per i giovani calciatori, tecnicamente dotati sopra la media), è la tendenza ad esagerare con le giocate spettacolari, magari non finalizzate ad alcun obiettivo concreto. Il ragazzo è capace di dribblare un avversario più e più volte, giusto per il gusto di farlo, quando magari dopo il primo dribbling potrebbe servire un compagno meglio piazzato in area. Durante la semifinale di andata di Copa Sudamericana, contro i messicani del Toluca (partita, peraltro, giocata divinamente), ad un certo punto, ha ricevuto palla sulla destra verso la bandierina del calcio d'angolo, ed ha cominciato a saltare uno, due, tre, quattro volte lo stesso avversario (con un altro paio a fianco a lui che continuavano a correre avanti ed indietro), finché questi l'ha steso per disperazione. Ovviamente di crossare non gli è neanche passato per la testa. Tenendo presente che, questo difetto, è ampiamente colmabile (anche in considerazione della grande professionalità del ragazzo e della sua costante volontà di migliorarsi), una volta completata la maturazione calcistica, vale la pena sottolineare un altro paio di aspetti. Il lavoro in fase di non possesso non è sempre adeguato, ed in generale tende ad evitare di andare in pressione sul portatore di palla avversario. Naturalmente bisogna vedere se questa è una precisa volontà del mister Borghi, che preferisce evitare di affaticarlo per averlo più lucido in fase offensiva, oppure una lacuna del ragazzo. Un altro appunto che gli si può muovere riguarda la continuità di rendimento, sia nel corso dei 90 minuti che da una partita all'altra. E' in grado di fare una prestazione al limite del paranormale per un tempo e rendersi evanescente nell'altro. Passa da partite in cui il Colo Colo è lui, a partite in cui tocca pochissimi palloni ed i compagni lo cercano inutilmente. Anche questo, in ogni caso, è un difetto molto comune per calciatori della sua età ed a cui va dato il giusto peso. Per concludere, una panoramica che inquadra le sue più evidenti lacune: si può citare la tecnica un po' approssimativa con cui calcia i rigori. Da sottolineare però anche il fatto che insiste nel calciarli, tentando di migliorarsi, e questo è prova di buone doti di temperamento.
In estrema sintesi, è un giocatore con delle potenzialità veramente enormi, che se saprà correggere i propri difetti e superare l'impatto con un calcio tanto diverso, come quello europeo (con la maggiore pressione e concorrenza che si troverà ad affrontare), potrà veramente lasciare un segno nella storia del calcio.
Ovviamente i club italiani sono riusciti a farsi scappare l'ennesimo talento sudamericano (troppo intenti a rimestare il mercato interno, con tutte le naturali conseguenze negative sulla competitività generale del campionato), che si è accasato per gennaio in Spagna, al Villareal del mister cileno Pellegrini. Si sperava, in particolare, che magari una società come il Milan, tanto sensibile ai giocatori di talento (in generale, ma in particolare, d'oltreoceano), complice la famosa tournee in America Latina del dg Braida, riuscisse a portare a casa un altro colpo "alla Kaka", inteso come prezzo accessibile (il "sottomarino giallo", ha pagato 7 milioni di euro il cartellino) e valore elevatissimo del calciatore. Nel periodo in cui si parla tanto di Ronaldinho accostato ai rossoneri e delle difficoltà economiche per arrivare ai big di livello internazionale (senza contare che un acquisto come quello del fenomeno blaugrana precluderebbe quasi totalmente l'arrivo di altri giocatori quanto mai importanti nella ricostruzione dei meneghini), un acquisto di un giovane talento come Matias sarebbe stato un investimento assai intrigante.