"Vedrete gli Stati Uniti più forti della storia"

Prima di Germania 2006 per gli USA i migliori piazzamenti nella storia dei Mondiali erano stati il quarto di finale di quattro anni fa in Corea/Giappone, l'ottavo conquistato nel 1994 tra le mura amiche e un terzo posto nella prima edizione del 1930. Per decenni l'approccio della maggiore potenza internazionale ai Campionati del Mondo è stato quello di un candido disinteresse.
Ostentava invece la sicurezza di un marine Bruce Arena, il tecnico degli USA da quasi un decennio, alla vigilia dei Mondiali tedeschi: "Credo nel passaggio del primo turno. Anzi, ne sono certo. Vedo i ragazzi tutti i giorni. Alleno gli Stati Uniti più forti della storia!". Ed invece la spedizione in terra teutonica si è rivelata un vero disastro se si esclude la magra consolazione di essere stata l'unica squadra a non aver perso contro l'Italia che sarebbe poi diventata campione del Mondo nella famosa "battaglia" di Kaiserlautern. Tutto è cominciato al quinto minuto della partita inaugurale, quando l'attaccante ceco Jan Koller insaccava da pochi passi. Da quel momento la strada è stata sempre in salita. "Non siamo stati all'altezza.
Abbiamo fatto subito un passo falso e dal quel momento in poi ci siamo sempre trovati a dover inseguire, concedendo gol nei primi minuti", ha candidamente confessato il difensore del Fulham Carlos Bocanegra.
Un solo gol realizzato a fronte dei sei subiti: buona circolazione di palla ma poca concretezza nello 0 a 3 contro la Repubblica Ceca; solo buona volontà nel decisivo 0-2 contro il Ghana. Proprio contro gli africani, l'uscita a testa bassa di Reyna, che annuncerà il ritiro dalle competizioni internazionali, con tanto di consegna della fascia al capitano a Landon Donovan, rappresenta il fermo immagine della fine di un'era per la nazionale a stelle e strisce: della spedizione tedesca saranno pronti per il prossimo mondiale il centrale difensivo Oguchi Onyewu, i centrocampisti d'attacco Clint Dempsey, Bobby Convey, da Marcus Beasley e l'attaccante Eddie Johnson. Ma per il resto sarà rivoluzione. A cominciare dalla guida tecnica.
Bruce Arena, di umili origini e dalla vita romanzesca tale da essere considerato un adeguato interprete dell'"american dream", è stato apprezzato per 8 anni per le sue capacità di gestire lo spogliatoio - non c'è stato giocatore che non ha speso parole d'affetto nei suoi confronti - e per quell'inatteso approdo ai quarti di finale negli ultimi mondiali in Corea/Giappone 2002. La Federazione, nel tentativo di non far cadere ancora più nell'anonimato uno sport che negli USA stenta a decollare, ha optato per il cambiamento. Dopo un incontro di quattro ore, il 14 luglio scorso il presidente della federazione Sunil Gulati dichiarava: "E' un po' stanco, dopo otto anni, e cerchiamo un approccio più fresco". E pochi giorni dopo Bruce Arena firmava un contratto con gli ambiziosi Red Bull New York, ex Metrostars. Good bye Arena.