Inter, Mancini e' come Herrera?
Fabio Capello e Arrigo Sacchi d'accordo: e quando mai? E' ancora vivo nella memoria di tutti il ricordo della definizione di Sacchi, allorché Capello si impose, nel campionato spagnolo, con il Real Madrid: "Vincente nella mediocrità". Calderon, presidente del club madrilista, si sintonizzò perfettamente con Arrigo, e, nonostante l'insperato trionfo all'ultima giornata, licenziò il tecnico.
Ora, a distanza di tempo, è capitato anche di vedere allo Stadio Meazza i 2 "nemici" insieme. E capita adesso di trovarli d'accordo su una tesi, riguardante l'Inter. Alla faccia di chi considera la squadra di Mancini offensiva, in virtù dei 33 gol segnati di campionato, si tratterebbe di una formazione che gioca "all'italiana". In questo senso, le appena 8 reti subite sarebbero facili da spiegare.
Capello e Sacchi sottolineano come l'Inter punti su una difesa molto bassa, rinunciando al fuorigioco, e schiacciando i centrocampisti contro i 4 componenti della retroguardia, in modo da alzare un muro davanti a Julio Cesar. Il livello dei suddetti difensori, e dei centrocampisti, in fase di contenimento, è tale, che segnare contro i nerazzurri, sempre ottimamente coperti, è difficilissimo.
Questa "fotografia" strategica dell'Inter fa venire in mente quella leggendaria di Moratti padre e di Herrera. Grandi difensori (Sarti, Burgnich, Falchetti, Guarneri e Picchi), massima protezione (con Bedin o Tagnin marcatore aggiunto sul centrocampista rivale più pericoloso), e spazio a disposizione del talento dei tanti fuoriclasse (Jair, Mazzola, Suarez e Corso su tutti).
Credo che parlare di un'Inter di Mancini solo "catenacciara" sarebbe riduttivo: la verità è che la formazione valuta, e poi decide. Contro squadre di livello medio-basso, soprattutto in casa, è senz'altro offensiva, proprio come lo erano Mazzola e compagni. Contro squadre di alto rango, soprattutto in trasferta, diventa, in effetti, rocciosa e contropiedista. E' un trasformismo, fino a oggi, micidiale.