L'insulto: "Sei una plusvalenza"
Li chiamano sconosciuti, eppure sono valutati come buoni giocatori di serie A. Li chiamano sconosciuti, eppure sono stati usati per mascherare giochi di bilancio necessari per coprire voragini provocate magari dall'acquisto di campioni soltanto presunti. Li chiamano sconosciuti, eppure sono ragazzi poco più che ventenni che avrebbero potuto avere un presente diverso se fossero stati valorizzati meglio o, almeno, non illusi. Si chiamano Brunelli, Varaldi, Ferraro, Deinite, Toma, Giordano, Livi e Ticli questi "sconosciuti" che valgono tanto oro quanto pesano e che in comune hanno la stessa brutta storia.
RAGAZZI OGGETTO - Sono stati usati da Milan e Inter per ottenere quelle plusvalenze che fanno andare avanti il calcio moderno, ma che al tempo stesso uccidono le speranze di tanti ragazzi. Su questo stanno indagando la Procura di Milano e l'ufficio indagini della Figc. Marco Varaldi ha 24 anni, Simone Brunelli 23. Entrambi portieri. Nel 2003 il primo passò dall'Inter al Milan, il secondo fece il viaggio inverso. Varaldi venne valutato 3,5 milioni di euro, Brunelli 2,9. E' lo stesso valore che hanno oggi: il primo è riserva nel Lecco (serie C2), il secondo non potrà più giocare a causa di un brutto infortunio a una spalla. Entrambi sono ancora "di proprietà" delle due società milanesi fino al 2008 e guadagnano 2.600 euro al mese.
"Uno stipendio che, confrontato alla valutazione, è ridicolo - spiega Varaldi -. Quando venni ceduto al Milan avevo speranze di un certo tipo. Avevo fatto il terzo portiere all'Inter, ero stato nel giro delle nazionali giovanili insieme con Amelia. Non ero proprio uno sconosciuto, quindi... All'inizio non avevo capito che cosa fosse successo: chiesi all'Inter il perché delle scambio e mi risposero che ci sarebbero stati vantaggi per tutti. In effetti, passando al Milan guadagnai tre anni di contratto in più. Solo quando i giornali cominciarono a occuparsi del caso mio e di altri compagni - come Ferraro, che esordì anche in serie A e in Uefa - mi fu tutto più chiaro. Chiarissimo".
AZIONI LEGALI - Brunelli, invece, capì tutto in fretta.
Tornò da una vacanza in Sardegna e si ritrovò all'Inter, "senza aver mai firmato alcun contratto. Le firme furono falsificate", dicono i legali del ragazzo, assistito dallo studio Guardamagna nel quale lavora anche il figlio di Fabio Capello. Brunelli è il giocatore che, con le sue denunce, ha dato il via alle inchieste in corso. Sostiene che l'Inter non lo ha curato bene dopo l'infortunio alla spalla che gli ha troncato la carriera (prima operazione quando era in prestito alla Pro Sesto, la seconda quando era alla Vis Pesaro). E ora si considera prigioniero: non può riscuotere i soldi dell'assicurazione perché la società nerazzurra non ammette che non potrà più giocare; e non può lavorare perché risulta ancora un calciatore in attività. Secondo gli avvocati, intanto, l'Inter continua a mettere a bilancio il "presunto" valore di Brunelli: 2,9 milioni. Anche se non ha futuro.
DISINCANTATO - E' andata un po' meglio a Varaldi, che però ammette: "Siamo stati penalizzati come persone e come calciatori. Non possiamo essere acquistati da altre società perché il nostro valore è spropositato. Da qualcuno forse siamo anche visti come giocatori inseriti in una certa manovra e, quindi, da evitare. A me è capitato di essere insultato così dai tifosi avversari: "Sei una plusvalenza". Al Milan non ho nulla da rimproverare: sono rimasto fermo quasi un anno per infortunio e mi ha curato. Mi aspettavo invece più considerazione dall'Inter". Varaldi non si sente ostaggio del pallone. Si interessa di letteratura e filosofia, e studia giurisprudenza "per avere qualcosa dopo". Sul suo futuro sportivo non ha particolari speranze: "Non mi sono illuso quando le cose andavano bene, non lo faccio ora. Vivo alla giornata. Spero almeno di non essere ricordato per questi fatti. So, però, che la parte più sana del calcio è quella dei giocatori e in parte dei tifosi, che vivono ancora questo sport in maniera un po'...