Liedholm, Bortoluzzi, Biagi: come d'autunno sugli alberi le foglie...
Ungaretti in pochi versi ha sintetizzato un concetto del quale ci rendiamo conto forse solo quando un pezzo della nostra storia se ne va: in un paio di giorni ci hanno lasciato Liedholm, Bortoluzzi e Biagi. Persone che nei loro ambiti han scritto la storia di una Italia che va cambiando.
A volte il rischio di essere troppo nostalgici è forte, ma basta vedere pochi aspetti di quel che avviene adesso per renderci conto che forse siamo fieri di questa nostalgia.
Liedholm non c'è più e come lui non ci sono più forse veri galantuomini nel calcio. Troppo pressante è la voglia di guadagnare ad ogni costo e sopra ogni possibile costo per non capire che non c'è troppo spazio per chi vive lo sport in una determinata maniera. I tempi dei sanguigni, dei caratteristi, di chi forse era considerato pittoresco, ma era parte integrante di questo sport, sono finiti. Sono finiti con l'addio a Rozzi, ad Anconetani e oggi a Liedholm. Come già detto da sport di massa oramai ci avviamo ad uno sport di massmedia.
Se n'è andata anche la voce storica di tutto il calcio: quando le TV erano solo un passatempo serale, e finirci dentro era privilegio e onere, ad accompagnare le domeniche (con le partite tutte insieme) non c'erano soubrette o grida impertinenti di pseudogiornalistiaggressivichetuttosanechenullacapiscono: c'erano le voci calde e confortanti di persone che raccontavano quel che acadeva in quei posti a volte misconosciuti. La geografia d'Italia per gli appassionati di football è stata imparata anche grazie alle persone che si collegavano dai campi di A e B, raccontandoci le gesta della Cavese che espugna Milano, o semplicemente cercando in poche parole di raccontare Zico, Maradona e Platini.
E per ultimo se n'è andato anche Enzo Biagi: non entriamo nel merito dell'esilio subito. Già il gesto è eloquente di un paese che sta diventando sempre più arrogante e antipatico.
"Quello sportivo è il solo nazionalismo che sottoscrivo: non una bandiera, più semplicemente una maglia": lo vogliamo ricordare con le sue parole. Sottolineando come questa Italia sta perdendo la sua identità; starà forse diventando più internazionale (non cosmopolita però), ma le sue radici a volte non si capisce più dove sono.