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Lotito, l'etica e i figli di Previti

Lotito, l'etica e i figli di Previti
giovedì 4 ottobre 2007, 15:052007
di Germano D'Ambrosio

Nelle squadrette di paese - diciamo dal campionato di Prima Categoria in giù - è un'abitudine. I genitori dei giovani calciatori tentano di influenzare le scelte tecniche del club a favore del proprio pargolo, e fanno sentire la loro voce. Sul campo, generalmente, le madri, dimenandosi sulla tribunetta (quando c'è) al grido di Fallo giocare!. Al telefono, invece, o più prosaicamente al bar, i padri. Che qualche volta, con la loro macelleria o la loro edicola, sono pure sponsor della suddetta società. Nasce così il conflitto d'interessi, che a questi livelli è folklore, neorealismo provinciale, quadro naif. Del resto i figli sò piezz'e core, e finisce lì. Meno pittoresco e più allarmante è quando tutto ciò accade in un grande club di serie A, dove al massimo i presidenti sono ricattati (c'è la parola, usiamola) da politici, elites economiche, procuratori influenti. Ma i parenti dei vari giocatori, a parte quelli che ne curano gli interessi (vedi Trezeguet), chi li conosce? Uno è conosciutissimo: si tratta di Cesare Previti, pluricondannato e storico braccio destro di Silvio Berlusconi. Cesarone nell'aprile scorso telefona a Lotito lamentandosi che suo figlio Umberto, portiere della Primavera della Lazio, non gioca perché "discriminato", in quanto sua discendenza appunto. Gioca, invece, uno "raccomandato". Curioso e mefistofelico il ragionamento dell'ex deputato: per rispondere ad una raccomandazione, faccio pressione sull'amico presidente affinché giochi il mio Umberto, messo in panchina perché famoso. Insomma, una contro-raccomandazione: alta classe. "Altrimenti - dice Previti - faccio un casino. Chiudo ogni mio rapporto personale con la Lazio, non mi vedrai più allo stadio". Vedete, è questo il punto.

Non stupisce tanto l'atto di arroganza in sé - che resta tale a prescindere dal raccomandante in questione. Quello che dovrebbe far riflettere è il perché Claudio Lotito dovrebbe temere l'arrabbiatura - o addirittura l'uscita di scena - di Cesare Previti. Certo non fa mai piacere deludere un amico, ma dai balbettii di Lotito (il quale sulle prime chiarisce: "Dal prossimo anno ci penso io, cambierà tutto") si intuisce che potrebbe esserci qualcosa di più. Del resto da altre intercettazioni, venute fuori nel periodo di Calciopoli, si vede come Previti si adoperò nel 2004 presso Adriano Galliani affinché lo stesso desse un sostegno economico a Lotito, assicurando che quello era il volere di Berlusconi. Quest'ultimo, poi, è amico stretto di Lotito non da ieri: il patron biancoceleste era al tavolo con lui e con il Milan al completo nella cena del dopo Milan-Siviglia, il 31 agosto scorso, a al Salon Regence dell'hotel Metropole di Montecarlo. Dunque, nel caso di Umberto Previti, c'è da salvare un'amicizia o delle amicizie, utili più che preziose dal punto di vista umano? Questo le intercettazioni non lo dicono: fatto sta che dopo qualche mese gli "incompetenti" indicati da Previti verranno sistematicamente allontanati, e il figlio si ritroverà a fare il terzo portiere per la Champions. Una di quelle cose che non ti fanno giocare, ma danno prestigio e curriculum. E' questo che non va; lo sfogo di un genitore ci può stare, ma un buon presidente dovrebbe avere le spalle talmente larghe da poter dire: "Gioca chi merita, manda pure tuo figlio in un'altra società se lo ritieni opportuno". E invece Lotito ci mette una pezza, asseconda, sta al gioco. "Se qualcuno te dice che non vale un cazzo, eh no, a quel punto je faccio causa, dico per dire, perché veramente il giorno dopo me lo porto via con tutto quel che segue" minaccia Previti, il quale - vale la pena di ricordarlo - attualmente è affidato ai servizi sociali. E Lotito non fiata. E sì che il sottoscritto l'aveva difeso, in più di un'occasione. Mi delude ora non come dirigente - la sua Lazio "da due soldi" ieri ha messo in crisi in Real - ma come uomo. Altri, quantomeno, hanno la coerenza di non parlare di moralità ed etica.