Paparelli: "Lo stesso vuoto di 28 anni fa"
Il 28 ottobre 1979, Vincenzo Paparelli, tifoso laziale, poco prima dell'inizio di un derby Roma-Lazio, perse tragicamente la vita, colpito in volto da un razzo nautico, sparato dalla curva romanista da un ragazzo di soli 18 anni. Aveva 33 anni Vincenzo Paparelli, che quel giorno alla stadio era andato insieme alla moglie Wanda; stava mangiando un panino, quando quel maledetto razzo entrò nel suo occhio sinistro. La situazione apparve subito molto grave, Paparelli fu trasportato in ospedale, ma morì a causa delle lesioni gravissime.
Datasport ha raggiunto telefonicamente Gabriele, figlio di Vincenzo Paparelli, per ascoltare da lui un commento sui fatti della tragica domenica appena trascorsa e che ha coinvolto, con la stessa fatalità, un altro tifoso laziale, Gabriele Sandri, rimasto ucciso in un`area di servizio vicino ad Arezzo da un proiettile, arrivato anche in questo caso da lontano, ma dall'arma di un poliziotto.
Qual'è il suo pensiero e commento su ciò che è accaduto?
"C'è poco da commentare, un incidente imprevedibile, nessuno avrebbe mai pensato ad una cosa del genere. Le reazioni sono state quelle di 28 anni fa. Il dolore lo stesso, il vuoto totale quando abbiamo appreso la notizia della morte di un tifoso laziale. Poco da dire..."
Sono passati 28 anni e non sembra cambiato nulla da quel giorno all'Olimpico, quando sua padre ha perso la vita in modo così incredibile.
"Piu` che altro mi sembra che non sia cambiato nulla, non tanto per quello che è successo in autostrada, ma quello che è successo dopo e poteva scapparci il morto anche lì ed è stato un miracolo che non sia successo. Il fatto di Gabriele è stato un destino crudele che l'ha portato nella traiettoria di quel proiettile".
Secondo lei cosa si può fare o se si uscirà mai da situazioni così assurde?
"Io non so cosa cosa si può fare, magari lo sapessi, sarei il primo a metterci la faccia. Pensare che si va allo stadio per vedere la squadra che si ama, per passare una domenica con la famiglia e invece così non è. Dovrebbe essere solo uno sport e non è così. Quindi Gabriele Paparelli aggiunge: "Io dico sempre che partecipare è non morire, mi sembra proprio che il calcio stia diventando uno sport a rischio e allora classifichiamolo come tale. Nel calcio devi sapere che puoi rischiare di morire, lo devi sapere, vietamolo ai minori. Uno deve passare una giornata con la famiglia e non a rischiare la vita.Non so io una soluzione non ce l'ho, magari, magari..
Cosa vorrebbe dire ai familiari di Gabriele ?
"Gli sono vicino e basta, perchè il dolore è grande e ormai è successo, Gabriele non c'è più e c'è solo un grande vuoto".