Processo doping: la Juve non usò Epo

Non ci sarà un nuovo processo di Appello sulla somministrazione di farmaci, fra il 1994 e il 1998, ai giocatori della Juve: la seconda sezione penale della Corte di Cassazione, infatti, ha dichiarato la prescrizione del reato di frode sportiva nei confronti dell'ex amministratore delegato della società bianconera, Antonio Giraudo, e del medico sociale, Riccardo Agricola. Scompare l'ombra dell'uso di eritropoietina: «Sono molto soddisfatto - ha spiegato l'avvocato Luigi Chiappero, componente del collegio difensivo insieme a Cesare Zaccone, Massimo Krogh, Paolo Trofino e Anna Chiusano - perché questa era l'accusa principale del processo: la somministrazione di epo. E su questo, il ricorso del procuratore generale è stato addirittura dichiarato inammissibile. È quindi definitivamente confermata l'assoluzione di Riccardo Agricola e di Antonio Giraudo perchè il fatto non sussiste: da scrivere a caratteri cubitali, vista la gogna mediatica di questi anni». Per il resto, occorrerà aspettare le motivazioni, attese entro trenta giorni: «Per quanto riguarda l'intervenuta prescrizione sugli altri farmaci - ha spiegato Chiappero - occorrerà leggere la sentenza, anche se va detto che si tratta soprattutto di una questione giuridica. Infatti, la maggior parte dei farmaci non sono ricompresi nei prodotti vietati dalle liste della legge sul doping. Basti segnalare che queste sostanze all'epoca venivano addirittura denunciate al momento del prelievo antidoping».
Dopo quasi nove anni, si chiude così una vicenda innescata il 28 luglio 1998, quando l'allora tecnico della Roma, Zdenek Zeman, lanciò l'anatema: «Il calcio deve uscire dalle farmacie e dagli uffici finanziari se vuole tornare a essere sport e divertimento». Poi scattò l'inchiesta del Procuratore aggiunto di Torino, Raffaele Guariniello.
«Sono molto felice della sentenza - ha detto Agricola - che in modo definitivo rende giustizia sull'aspetto più infamante che ha colpito la mia persona in questi anni. La Suprema corte ha inconfutabilmente dichiarato che il fatto non sussiste. Per quanto concerne l'altra parte della sentenza è finalmente terminato il doloroso iter che vedeva imputato solo me per l'utilizzo di farmaci che tutti i medici dello sport, senza eccezioni, hanno usato negli anni oggetto dell'indagine».
Sorrisi anche a casa Juve, dove si «prende atto con soddisfazione che la battaglia sull'epo è definitivamente conclusa, con successo. L'inammissibilità del ricorso sancisce in via definitiva che non è mai stato fatto uso di epo, come già ritenuto nella sentenza di appello. Una notizia importante, che pone termine a un lungo procedimento che ha creato gravi danni al dottor Riccardo Agricola al quale vengono oggi definitivamente riconosciute la moralità e la qualità professionale che la Juve non ha mai smesso di riconoscergli».
Per il sostituto procuratore generale della Cassazione, Vito Monetti, che aveva chiesto un nuovo processo, la sentenza di Appello era «illogica». I giudici di secondo grado avevano deciso per l'assoluzione, ritenendo che ai casi di doping non si potesse applicare la legge sul calcio-scommesse del 1989, perché quest'ultima punirebbe la frode sportiva solo se commessa con denaro. Mentre solo la specifica normativa, varata nel 2000, punirebbe l'alterazione dei risultati delle partite tramite la somministrazione illecita di farmaci ai calciatori. Tesi non condivisibile, secondo Monetti: «Sia la legge sul calcio-scommesse, sia le norme antidoping - aveva detto - hanno l'obiettivo di sanzionare i comportamenti di chi, con dolo e intenzionalità, interferisce per falsare i risultati delle competizioni sportive». Prima dell'assoluzione in Appello, arrivata nel dicembre 2005, il 26 novembre 2004 il Tribunale aveva condannato Agricola a un anno e dieci mesi per frode sportiva. Monetti aveva chiesto l'annullamento della sentenza di Appello anche per l'epo: ma la Cassazione ha chiuso ogni spiraglio.