Tiago e Rosina, adesso o mai più
Non sarà stato come versare del vino o spezzare il pane, ma nell'ultima partita casalinga, preludio al letargo dicembrino, contro un Siena combattivo, anche grazie al ritorno dell'allenatore Beretta, è bastata una Juventus minimalista, ed un po' confusa, per conquistare la terza vittoria consecutiva in campionato. Incoronando "Hannibal" Trezeguet, con tredici reti, al vertice della classifica dei cannonieri, e demandando ai posteri l'ardua sentenza in merito alle possibilità, risicate, di arrestare la marcia trionfale dell'Inter dei "poliglotti", vittoriosa per due ad uno in un derby assai generoso, con Dida nelle vesti di Babbo Natale. Forse anche a causa di un volo intercontinentale, quello di ritorno dal Giappone, non ancora metabolizzato a dovere. Certo, la consistenza del Siena, pur rinvigorito dal cambio di rotta in panchina, fondamentale per ridisegnare una fisionomia tattica quantomeno accettabile, avrà stimolato riflessioni in merito ad un confronto, impari, tra l'agnello sacrificale ed il lupo cattivo in cerca di fameliche, quanto scontate, rivincite.
Eppure, nel contesto di un campionato anomalo, con un Milan "zavorrato" non da scomode penalizzazioni, bensì dalla conquista di un trofeo, la Coppa Intercontinentale, idonea a saziare i bilanci più che le ambizioni di una formazione ormai distanziata di venticinque lunghezze dalla vetta della classifica, la vittoria ottenuta agli sgoccioli della stagione ha consentito di rilanciare le velleità sopite di "Icaro" Tiago. Collocato come vertice alto in un centrocampo assai "abbottonato", con Nocerino, Cristiano Zanetti e Nedved a garantire filtro nei confronti della rivelazione Galloppa e del rientrante Locatelli, pur non rinnegando una certa indolenza in fase di proposizione, il fantasista portoghese ha gestito in maniera lucida, quanto a volte sin troppo compassata, una manovra resa scorrevole solntanto dalle persistenti sovrapposizioni di Salihamidzic. Castrate le ambizioni da titolare di Zebina, il tecnico Ranieri ha così ridisegnato, con astuzia, un 4-3-1-2 di lippiana memoria, saldando la "terzina" di centrocampo con la contemporanea presenza di tre mediani, in maniera tale da sfruttare, oltre alla regia di Tiago, le continue sovrapposizioni di Salihamidzic, a destra, e Molinaro, a sinistra.
In cerca di punti, più che di spettacolo, pur di conferire dignità ad una stagione altrimenti anonima, al momento assai simile alla precedente, il Torino ammirato contro un Napoli svogliato ed a tratti irriconoscibile, ha avuto il merito di ottenere un pareggio capace di assumere le medesime sembianze di una vittoria. Riciclato in difesa, nell'insolita posizione di terzino sinistro, il ruvido Paolo Zanetti, interpellato da Novellino per tamponare le incursioni dell'austriaco Garics, il compromesso tattico escogitato dal tecnico granata ha consentito di riproporre Rosina, autore della rete del momentaneo vantaggio, nel ruolo di tornante destro. Sacrificando, in un duplice harakiri tattico, sia la fantasia ad intermittenza, come le luci di Natale, di Recoba, sia la concretezza di Ventola, sino ad ora attaccante più prolifico dei granata. Premiando la generosità disinibita di Bjelanovic, ariete sprovvisto nelle necessarie corna, e la spesa folle Di Michele, acquisto più costoso di un mercato estivo sino ad ora deludente. Fatta eccezione per la scelta, oculata, di scommettere sulla rinascita del portiere Sereni.
La propensione difensiva del laterale Savini, quinto "tenore" di una linea mediana assai stonata, con Bogliacino preferito ad Hamsik, a completare un centrocampo imperniato sull'insostituibile regista tascabile Gargano, pur premiando la prudenza di una formazione, il Napoli, incapace di osare, soprattutto fra le mura amiche, magari mediante un tridente affidabile, con l'arrugginito Calaiò al fianco di Zalayeta e Lavezzi, ha invece sortito l'effetto di addormentare, per lunghi e noiosi tratti, una sfida appiattita dalle paure dei partenopei e dalla volontà di non perdere da parte del Torino. A scanso di equivoci, unica formazione in grado di inanellare ben undici pareggi in appena diciassette incontri. Meno equivoca, quanto senza dubbio più fruttuosa, la marcia della Juventus conferma invece le ambizioni di una squadra desiderosa di conquistare un posto in Coppa dei Campioni insidiando, nei limiti dello scibile umano, il cammino verso la vittoria in campionato della babele nerazzurra...