Era davvero un Toro da Novellino?
Gianni De Biasi avrà la chiave giusta per aprire la porta della salvezza al Torino? La domanda è legittima. Per trovare la risposta bisogna guardare appena dietro, provare a capire le ragioni del fallimento di Walter Novellino. E, magari, dare un occhio alla campagna d'acquisti estiva e a quella invernale. Andiamo con ordine.
Parlare di Novellino significa parlare di un tecnico "mono-modulo", uno dei tanti formatisi in pieno sacchismo e pertanto cresciuti a pane e 4-4-2. La sua declinazione del modulo, però, è da sempre stata alquanto "britannica". Esterni difensivi statici, laterali di centrocampo dinamici e fisici, un regista (quasi sempre Volpi), un mediano di rottura e un duo d'attacco composto dal classico pilone (Maniero come Bazzani) e da una seconda punta agile capace di "vedere la porta" (il Recoba di Venezia e il Flachi doriano). Un modulo che Novellino conosce a menadito ma che il tecnico non ha quasi mai provato a modificare. Sintomi di un'evoluzione, in sostanza, sono scarsi. Scegliere lui per un progetto significa affidarsi a un allenatore affidabile, capace di dare una connotazione di gioco più o meno discutibile ma senza dubbio chiara.
E poi bisogna impostare il mercato in quest'ottica. Il ds Antonelli probabilmente qualche domanda se la sarà fatta in queste ore. Lui e il Torino, in sostanza, hanno davvero scommesso su Novellino? Guardando le scelte estive i dubbi sorgono. Scelte che se prese in rassegna fanno pensare a un mercato in un senso (opposto o quasi alla visione di gioco di Novellino) chiuso con una sorta di "contentino" per il mister (Recoba, divenuto una vera e propria arma a doppio taglio per il tecnico). Difesa a parte, settore dove talenti puri scarseggiano e ci si è affidati più che altro all'esperienza di gente come Natali e Lanna tamponando poi con Pisano a gennaio, gli interrogativi sorgono tra centrocampo e attacco. Avendo già Barone (comunque deludente l'anno scorso), si è investito ulteriormente in Grella e Corini, giocatori che interpretano seppur in modo differente lo stesso tipo di ruolo e da sempre sono parsi più adatti a un centrocampo a tre e non con due soli mediani. Per non parlare degli esterni, dove è rimasto Rosina, è tornato Vailatti e si è confermato Lazetic. L'asso della squadra, il talento emergente e un buon giocatore ma nulla più. Siamo sicuri che siano garanzie sufficienti per un 4-4-2? I dubbi restano e l'arrivo di Diana non ha scompaginato lo scenario.
Il motivo è chiaro. E lo si scopre in attacco, il vero e proprio errore della dirigenza. Per salvarsi serve un bomber. Di Michele non lo è mai stato in toto, Ventola pure, Bjelanovic mai, mentre Stellone ha 31 anni ha dimostrato di avere qualche problema all'impatto con la massima divisione. Su Oguro meglio non esprimersi, mentre sperare per una stagione in Malonga e Recoba pare onestamente utopistico. Insomma, manca qualcosa, mancano numeri e gol. Manca soprattutto il tipo di coppia capace di garantire l'alchimia giusta per il 4-4-2 di Novellino.
De Biasi troverà la chiave, salvarsi è possibile a patto che il Torino riprende a far calcoli senza farsi prendere dalla frenesia fra due settimane. Con un 4-2-3-1 e una maggiore tendenza al contropiede. Giocando come mai Novellino avrebbe provato a fare. Ma l'interrogativo resta. Perché il Torino ha scelto Novellino senza sposarne del tutto la visione calcistica e finendo per costruire una rosa di buoni giocatori (per quanto nella gran parte dei casi capaci di rendere al meglio nello stesso ruolo del compagno) e nulla più?