Menu Serie ASerie BSerie CCalcio EsteroFormazioniCalendariScommessePronostici
Eventi LiveCalciomercato H24MobileNetworkRedazioneContatti
Canali Serie A atalantabolognacagliaricomoempolifiorentinagenoahellas veronainterjuventuslazioleccemilanmonzanapoliparmaromatorinoudinesevenezia
Canali altre squadre ascoliavellinobaribeneventobresciacasertanacesenafrosinonelatinalivornonocerinapalermoperugiapescarapordenonepotenzaregginasalernitanasampdoriasassuoloternanaturris
Altri canali euro 2024serie bserie cchampions leaguefantacalcionazionalipodcaststatistichestazione di sosta

Everton, l'esultanza di Cahill diventa un caso

Everton, l'esultanza di Cahill diventa un caso
martedì 4 marzo 2008, 16:462008
di Stefano Sica
fonte Simona Marchetti - gazzetta.it

Quando ha segnato la seconda rete dell'Everton contro il Portsmouth, il centrocampista Tim Cahill si è messo in favore di telecamere e ha unito le mani a mo' di manette. Un gesto che ha sconcertato tutti, ma che lui ha successivamente spiegato essere un modo per salutare il fratello Sean, attualmente in carcere. "Sono così orgoglioso che lui sia felice per me - ha detto il giocatore australiano - e io penso a lui continuamente". Peccato però che l'idilliaco quadretto familiare sia stato fatto a pezzi dalla realtà che, come racconta il "Daily Mail", nasconde una storia di violenza.
Il fratello di Cahill è, infatti, finito dietro le sbarre per aver brutalmente colpito con due calci in faccia il 31enne Christopher Stapley, facendogli perdere un occhio. L'aggressione avvenne nel luglio del 2004 a Bromley, zona sud est di Londra, e la vittima, che ora rischia di rimanere completamente cieca dopo che le dolorose cure alle quali si è sottoposto in questi anni non sembrano aver funzionato come si pensava, ha dovuto attendere fino al 2007 prima di vedere Cahill definitivamente in cella. Dopo il primo arresto, infatti, il 29enne fratello del giocatore dell'Everton scappò in Australia, venendo meno alla libertà su cauzione, e solo a marzo dello scorso anno è stato assicurato alla giustizia grazie a un mandato di cattura internazionale, con l'accusa di danni corporali gravi e intenzionali e condannato a sei anni di reclusione.
Adesso Stapley, che ha sofferto di depressione, si è trasferito negli Stati Uniti nel tentativo di iniziare una nuova vita, ma la sua famiglia è rimasta a Orpington, Londra, e non ha gradito affatto lo "spettacolo" messo in scena da Tim Cahill domenica scorsa. "Vogliamo solo andare avanti - ha detto la madre Pamela al giornale londinese - . Chris non sa quanto è successo sul campo di calcio e non vogliamo che lo sappia. Sean un martire? Questa è l'opinione del fratello e della famiglia Cahill".

Ma il gesto di esultanza scelto dal giocatore australiano ha scatenato la durissima reazione della polizia e, in particolare, del detective Will Hope della Polizia Metropolitana, che condusse le indagini all'epoca della vergognosa aggressione. "E' davvero molto triste - ha spiegato l'agente - che il caso sia arrivato all'attenzione dell'opinione pubblica in questo modo. Il brutale comportamento di Sean Cahill ha cambiato per sempre la vita di un giovane, al punto da costringerlo ad allontanarsi dalla sua famiglia per cercare di dimenticare ed andare avanti. Come personaggio pubblico e campione dello sport, il gesto di Tim Cahill è stato gravemente irresponsabile. Celebrando il gol in quella maniera sembra quasi che lui approvi quanto fatto dal fratello. Che genere di messaggio possiamo, quindi, trasmettere alle giovani generazioni?".
Il polverone scatenato da Cahill ha costretto il portavoce dell'Everton, Ian Ross, a rilasciare una dichiarazione ufficiale, nella quale il club di Liverpool si è schierato con il proprio giocatore: "Il gesto non è stato inappropriato - si legge sul sito della BBC - e il modo in cui uno sceglie di celebrare un gol è un fatto privato. Ma sono sicuro che Tim fosse perfettamente consapevole che molti non avrebbero approvato la sua esultanza". Per ora, la Football Association ha preferito chiamarsi fuori dalla questione, ricordando che ogni decisione in materia di "celebrazione post gol" spetta al direttore di gara, a meno che il gesto in questione non sia ritenuto offensivo.