Govedarica, un bradipo a Lecce
Protagonisti in Nazionale, bidoni nei piccoli club. E' una sorte comune a molte meteore, specie quelle sudamericane. E se è vero, com'è vero, che gli jugoslavi sono "i brasiliani d'Europa", i conti tornano. La storia di Dejan Govedarica, centrocampista centrale arrivato a Lecce nel periodo pre-Corvino, sarebbe stata presto dimenticata da tutti. Se non fosse per quel 19 ottobre 1997, una data che i tifosi salentini cerchiano ancora in rosso sui calendari...
Dejan Govedarica nasce il 2 ottobre 1969 a Zrenjanin, città della Serbia settentrionale, a quel tempo inclusa nella Repubblica Federale di Jugoslavia. Inizia la carriera calcistica nel club della sua città, il Proleter Zrenjanin, esordendo nel campionato di serie B jugoslavo nella stagione 1989/90, dunque a vent'anni. Il ragazzo, già dotato di mezzi fisici poderosi per la sua età, si conquista in breve tempo un posto da titolare come centrocampista di interdizione, e segna pure qualche gol pesante; il Proleter - il cui attacco è guidato dalla meteora torinista Ilija Ivic - nel giro di un anno riesce a risalire nella massima divisione, conquistando successivamente alcuni buoni piazzamenti. Nell'estate del 1992 il nostro Dejan, con alle spalle un bottino di 16 gol segnati in tre anni, si trasferisce al Vojvodina Novi Sad, vero e proprio squadrone dell'epoca, che da poco ha perso il corazziere Sinisa Mihajlovic (passato alla Stella Rossa) e dunque è alla ricerca di una diga umana a protezione della difesa. Govedarica si cala perfettamente nella parte, giocando con grande continuità e segnando una media di cinque gol a stagione, dal 92 al 96. Nel frattempo, riesce ad entrare anche nel giro della Nazionale: esordisce, insieme a Savo Milosevic e al portiere Aleksandar Kocic (visto poi nel Perugia e nell'Empoli), il 23 dicembre 1994 nell'amichevole di lusso contro il Brasile. Nel gennaio del 1996 Govedarica si accinge al grande salto verso l'Europa: sceglie gli olandesi del Volendam, ma capita in un periodaccio per la squadra arancionera, che infatti due stagioni dopo retrocederà mestamente in serie B. In un anno e mezzo di permanenza, tuttavia, Dejan mette a segno otto reti in 36 gare: addirittura, il 25 maggio 1997, si concede il lusso di una tripletta nel 5-2 contro l'Utrecht. Buon saltatore di testa (è alto poco più di un metro e novanta) e discreto tiratore dalla distanza, il serbo è un centrocampista che fa sempre comodo avere in squadra. Lo pensa anche Peppino Pavone, direttore sportivo del Lecce, che il 19 agosto '97 lo osserva di persona a San Pietroburgo, nell'amichevole contro la Russia. Gioca praticamente come trequartista, poco dietro Milosevic, con Savicevic al fianco. Il dirigente salentino non ha dubbi: il ragazzo va portato subito in Italia. La firma sul contratto viene posta dieci giorni dopo, al termine di una febbrile trattativa notturna in quel di Amsterdam (...); pochi giorni prima, Dejan aveva giocato in campionato la sua ultima partita con il Voledam (0-0 contro il Twente). Il club olandese incassa circa due miliardi delle vecchie lire dalla sua cessione. Un sacrificio economico sostenibile, per il Lecce: del resto, si tratta pur sempre di un titolare della Nazionale jugoslava...
L'arrivo di Govedarica al Lecce è assai tormentato, e avviene solo il 12 settembre. "Sono stanchissimo - spiega lui nella conferenza stampa di presentazione -; dopo la gara di Bratislava contro la Slovacchia, alle tre di notte sono rientrato con la Nazionale jugoslava a Belgrado. Poi alle otto ho preso l'aereo per Roma e da lì per Brindisi". Spossatezza a parte, ecco le dichiarazioni di rito: "Nei giorni scorsi ho parlato del Lecce per telefono con il mio connazionale Sakic. E della mia nuova squadra ho avuto informazioni anche dai nazionali Jugovic, Savicevic e Mihajlovic: quest'ultimo conosce benissimo Lorieri, con il quale ha giocato nella Roma. La mia posizione è davanti alla difesa, ma sarà il tecnico a decidere il mio ruolo". Il tecnico in questione è Cesare Prandelli, a cui il centrocampista serbo, in effetti, piace. Lo fa debuttare alla terza di campionato, contro la Roma all'Olimpico. Il giorno prima, Govedarica aveva dispensato consigli: "Ho studiato la Roma in televisione, nella gara contro la Juventus, e sono rimasto sorpreso dall'eccezionale ritmo imposto dalla formazione di Zeman. Per noi sarà fondamentale resistere all'assalto iniziale della Roma ed evitare di alzare le barricate davanti alla nostra difesa". Ma finisce 3-1 per i capitolini, un copione già scritto. Govedarica, lentissimo, è tra i peggiori in campo (forse solo dopo il centrale Hatz, che lo "copre" dietro con altrettanta lentezza): subisce perfino le scorribande del romanista Vagner! La tifoseria leccese insorge, ma il serbo si rifà appena tre giorni dopo, sfoderando una prestazione davvero buona contro l'Empoli in Coppa Italia. Confuso dalle due partite quasi opposte disputate dal giocatore, Prandelli decide di riprovarci. Anzi, di lì in poi - decide - il serbo sarà sempre titolare in campionato, al fianco di Conticchio e Piangerelli. Un'insistenza quasi morbosa, da parte dell'attuale tecnico della Fiorentina, che mal si concilia con le prestazioni che il giocatore fornisce di volta in volta. Contro Inter e Bari fa cilecca, ma proprio quando Prandelli sta per relegarlo definitivamente in panchina arriva un inatteso segnale di risveglio. E' il 19 ottobre, a San Siro si gioca Milan-Lecce; dopo meno di due minuti dal fischio d'inizio, Maurizio Rossi crossa al centro e Dejan insacca di testa, facendo ammutolire il Meazza. Alla fine il Lecce si imporrà per 2-1, un risultato storico e imprevedibile. Govedarica, zimbello dei tifosi fino al giorno prima - ribattezzato Cadaverica per il suo pallore - diviene l'eroe del momento. Tira un sospiro di sollievo anche Prandelli, che ora può schierarlo senza dover subire continuamente i mugugni dei tifosi. E lo stesso giocatore, dopo il gol, sembra sbloccato anche psicologicamente: "Il campionato italiano - spiega qualche settimana dopo - è davvero duro, richiede un impegno a livello mentale al quale, lo confesso, non ero abituato. Ormai ho superato tutti i problemi di ambientamento, compreso quella della lingua. Spero che ciò possa farmi rendere meglio: sono convinto di poter fare molto di più di quanto ho fatto finora". Il serbo, in effetti, inizia a regalare anche delle prove discrete, ma ha sempre il problema della velocità: sembra che viaggi con il freno a mano tirato. Anche il "vizietto del gol", dopo l'acuto di Milano, sembra averlo perso, e spesso lo si vede sbagliare conclusioni a rete piuttosto agevoli. E' sempre poco brillante, e come lui tutta la squadra giallorossa, che - nonostante l'arrivo in panchina di Sonetti alla ventunesima giornata - retrocede in B già il 26 aprile. Dejan, dando grande prova di umiltà, si dice pronto a restare anche nella serie cadetta, ma ad avere qualche dubbio ora è la dirigenza del Lecce. I Mondiali di Francia '98 capitano a fagiuolo: possono essere un buon test per capire le reali potenzialità del giocatore. Lui, però, sciupa l'occasione come peggio non si può. Gioca una sola partita, quella decisiva per le sorti del gruppo F, contro la Germania allo stadio Felix Boallert di Lens (21 giugno). Sostituisce Stankovic al 66', quando la sua squadra è in vantaggio per 2-0 e quindi virtualmente agli ottavi. Ma nei venti minuti di amministrazione Govedarica, succede di tutto: un autogol di Mihajlovic e un gol di Bierhoff fissano il risultato sul 2-2. Il pareggio consente ai tedeschi di passare, mentre la Jugoslavia esce per differenza reti. Mani nei capelli per i tifosi del Lecce che seguono la partita in tv. Govedarica si presenta comunque, a fine luglio, al ritiro del Lecce, anche se tutti sanno bene - soprattutto Nedo Sonetti - che la sua permanenza in Puglia è provvisoria. Dopo qualche comparsata in panchina, infatti, il serbo a ottobre rescinde il contratto e a gennaio trova modo di accasarsi in Olanda, precisamente all'RKC Waalwijk, a parametro zero. Non a caso, la poltrona di direttore sportivo al Lecce è stata appena presa da un certo Pantaleo Corvino, proveniente dal Casarano, il quale si presenta ai tifosi proprio cacciando (letteralmente) Govedarica. Un piccolo gesto che fa sbocciare un grande amore.
Perso temporaneamente il posto in Nazionale dopo il pasticciaccio di Lens, il ritorno in Olanda frutta almeno soddisfazioni e gol per Govedarica, che con il Waakwijk trascorre tre stagioni e mezza. La squadra non raggiunge risultati eccelsi, ma mette in luce i giovani talenti di Khalid Boulahrouz e Dennis Rommedahl. Nell'estate del 2000, tra l'altro, arriva la chiamata del ct Vujadin Boskov per gli imminenti Europei, che guarda caso si giocano proprio nei Paesi Bassi. Stavolta Dejan inizia bene, tanto da segnare anche il suo primo gol in Nazionale, contro la Spagna nell'ultima gara della fase a gironi (dopo essere subentrato a Jugovic a fine primo tempo). Boskov allora gli dà fiducia, e lo schiera titolare nei quarti contro l'Olanda; ma il centrocampista non regge l'urto di Davids e compagni, va nel pallone, e al quinto della ripresa si fa pure autogol, correggendo maldestramente in rete un traversone di Bosvelt. Il serbo comprende che forse è meglio dedicarsi esclusivamente alle squadre di club. Nel 2002 firma per il NEC di Nimega, allenato da Johan Neeskens, e vi rimane per due stagioni. Dopodiché, nel 2004, chiude la carriera concedendosi un'ultima stagione al Vojvodina Novi Sad: 15 presenze e una rete, tanto per chiudere in bellezza. Ma nonostante la scelta di abbandonare il calcio giocato, il Karadorde Stadium diventa ben presto per Govedarica una seconda casa. Nel 2007, infatti, Dejan diventa vice-allenatore della Nazionale serba Under 21, che disputa proprio in quell'impianto tutte le gare casalinhe. Al fianco di Miroslav Dukic, raggiunge la finale degli Europei nel giugno del 2007 (battendo anche l'Italia, per 1-0) e ottiene la qualificazione per le Olimpiadi 2008. Ma a Pechino non ci sarà: l'avvento del nuovo tecnico Slobodan Krcmarevic e del suo staff gli ha fatto saltare il viaggio in Cina. E' probabile che a breve decida di intraprendere una nuova carriera come allenatore di squadre di club. Sognando magari di tornare in quel Meazza che, in un pomeriggio di ottobre di undici anni fa, lo ha reso per qualche ora lo sportivo più acclamato di Lecce.