Il Secolo XIX - Campagnaro pronto per l'azzurro
Se Marcello Lippi chiama, Hugo Armando Campagnaro risponde. «Ho il doppio passaporto argentino e italiano, sotto questo profilo non ci sarebbero problemi. Sarebbe un onore. Anche se vorrei una convocazione nell'Argentina, il paese dove sono nato». Allora, se Alfio Basile non chiama, la roccia della difesa sampdoriana potrebbe accogliere la convocazione in azzurro, qualora il Ct volesse aumentare i muscoli in difesa nell'avventura verso il Mondiale. «Non ho mai pensato all'Italia; in azzurro ci sono grandi giocatori e credo sia difficile una mia chiamata. Ma nel caso ci penserei bene, anche perché ho 28 anni e non ho avuto la possibilità di fare esperienze in nazionale». A Sudafrica 2010 avrà 30 anni e potrebbe essere, insieme allo juventino Amauri, la novità "naturalizzata" del Lippi bis.
El Toro della Sampdoria è pronto a diventare Il Toro, seguendo la strada già percorsa - per citare alcuni dei più famosi tra i 48 oriundi dell'Italia del calcio - da Sivori e Schiaffino, Angelillo e Altafini, per arrivare a Camoranesi da Tandil, Argentina, campione del mondo 2006. «Io alla Camoranesi? Mi farebbe piacere...», sorride Campagnaro da Coronel Baigorria, provincia di Cordoba. Origini italiane già manifeste nel cognome (come nel caso del neo blucerchiato, l'uruguaiano Bruno Fornaroli, tesserato come extracomunitario, ma alla ricerca dei suoi antenati di terza generazione nel Belpaese. probabilmente nella zona di Campobasso). E lunga militanza a Piacenza - cinque anni - prima di arrivare alla Samp nell'estate 2007, con la moglie Noelia e la figlia Sofia, nata lì un anno fa.
Ora Genova, il ritorno in serie A e l'affermazione ad alto livello, le attenzioni di grandi club d'Europa (Aston Villa e Tottenham), e le big d'Italia, Juve, Fiorentina e Milan, a cui Beppe Marotta ha detto no. E se Campagnaro riproponesse nel prossimo campionato lo stesso rendimento della stagione scorsa, potrebbe convincere Lippi a dargli in azzurro quell'opportunità mai avuta in albiceleste. Starebbe a Hugo-Hugo, poi, dire sì.
Da parte del Ct, intervenuto sul tema oriundi nel giorno della sua seconda presentazione sulla panchina dell'Italia, nessuna preclusione. Quanto detto per lo juventino Amauri e il romanista Taddei vale per il sampdoriano Campagnaro. «Questa non è una Federazione che fa di tutto per averli - aveva spiegato Lippi - però se ci sono e sono davvero convinti di voler giocare nell'Italia, non vedo perché sprecarli». Insomma, all'eventuale sondaggio del tecnico il difensore della Samp dovrebbe mostrarsi subito convinto. Ora questa gli sembra un'ipotesi ancora lontana: «Meglio che pensi soltanto al campionato con la Samp, poi si vedrà...».
Lo dice timidamente, è in campo che è impetuoso. «Davvero, finora non ho mai pensato a questa possibilità, lo farò nel caso emergesse qualcosa di concreto. In Argentina sono nato, è il mio paese, è normale che vorrei essere convocato in quella Nazionale. Però ho la doppia cittadinanza e se mi chiamasse l'Italia, sarei lusingato». Fare bene in blucerchiato per conquistare una delle due, Selezione o Seleccion. Fare bene a Genova, dove nel 1928 scese dal piroscafo Raimundo Bibian Orsi, con moglie, neonato e cognata al seguito. Il leggendario Mumo, il "campione timido", ala dal dribbling fulmineo, nata ad Avellaneda, fu accolto dalle polemiche nazionaliste. E i giornali argentini si scatenarono: «Il trasferimento non è stato pagato dalla Juventus, ma dal governo fascista». La federazione sudamericana lo bloccò sino al torneo 1929/30. Mumo recuperò subito: cinque scudetti consecutivi con la Juve e una Coppa del Mondo con l'Italia (1934). In azzurro giocò 35 partite (13 gol), superato nelle presenze tra i naturalizzati solo da Camoranesi. «L'uomo ch'è venuto da lontano, ha la genialità di uno Schiaffino, ma religiosamente tocca il pane e guarda lesue stelle uruguaiane. Ah Sudamerica...», canta Paolo Conte. Ah Italia, per Amauri, Taddei e magari il sampdoriano Campagnaro.