La Stampa - Berlusconi: "Voglio la Superlega"
RISPUNTA IL PROGETTO DELLA SUPERLEGA
Berlusconi: «In A solo grandi club, basta gare negli stadi di provincia».
Il calcio secondo Berlusconi dovrebbe essere una giostra a doppia velocità. In alto Milan, Inter, Juventus, Roma e tutte quelle piazze d'Italia che, sfidandosi fra loro, accendono le tv e l'audience. Con il freno a mano tirato il resto della compagnia che ruota attorno alla nostra provincia e che, nel tempo, ha salutato realtà come il Chievo o l'Empoli. L'uscita del futuro premier e, presto, non più gran capo del Milan («Dovrò lasciare la presidenza») è come un percorso a tappe che sbuca oltre confine per disegnare un pallone in mano ai magnati o mecenati.
Il viaggio di Berlusconi parte da una radio romana (RadioRadio), scuote la provincia e finisce nei piedi di pochi. «I grandi club - così il leader del Pdl - dovrebbero fare un campionato fra loro perché, quando si attrezza una squadra che costa tanto non si può, poi, pensare di andare in un capoluogo di provincia dove c'è uno stadio da ventimila posti e magari nemmeno pieno». Niente più Siena-Milan o Empoli-Juventus. Spazio a sfide infinite Kakà-Ibrahimovic o Del Piero-Totti perché «quando ci sono due grandi squadre che si incontrano le televisioni hanno punte di audience notevolissime. E con le grandi squadre possiamo essere protagonisti in Europa».
L'Italia a due velocità e l'Unione Europea del pallone: Berlusconi strizza l'occhio ad un eventuale sbarco americano nella Capitale, il nome Soros non gli fa salire il malumore e poco importa se Totti («Di lui dissi solo che non era forte di testa, i cittadini hanno capito...») prova a difendere la romanità della sua maglia avvisando i cronisti che a lui, al Pupone, piace «la carbonara» e una Roma che «parli romano» anche in futuro. «Io - così Berlusconi - sono rispettosissimo dei diritti degli altri, non vedo perché mi dovrei opporre a un ingresso nel nostro calcio di investitori stranieri. La Roma a Soros? Se arriva uno che può mettere in campo mezzi per rendere felici i tifosi, mi auguro che la situazione si possa evolvere in questa direzione. Stiamo parlando di una pratica ormai sviluppata in Europa, basti pensare a quanto accaduto in Inghilterra con l'arrivo di Abramovich». La svolta di Berlusconi è a tutto campo. I Comuni devono agevolare il processo per restituire un nuovo volto ai nostri impianti perché «se una società ha i mezzi per costruire uno stadio moderno, aperto tutta la settimana con un centro commerciale e uno per i congressi, credo - così Berlusconi - che la concessione delle licenze debba avvenire in tempi adeguati». Stadi nuovi, polifunzionali e solo per il calcio.
Il pallone fra i piedi del numero uno del Milan ha un colore diverso e un peso specifico che fa rumore. L'immagine di un calcio italiano lontano dalla provincia suona, infatti, come l'esatto contrario di quanto le ultime mosse legislative stanno raffigurando. Brindare a un sistema che tenga conto degli equilibri piazze-periferie è il lavoro che ruota attorno alla vendita collettiva dei diritti tv a partire dal 2010 e alla ripartizione degli stessi secondo parametri ben definiti e che, stando alle proiezioni, premierebbero le realtà più piccole.
Il pallone dei magnati e mecenati va in una direzione opposta, fa discutere, a volte può spaventare. Oggi, una legge sui diritti tv c'è; domani, lo sport non avrà più un ministero perché «c'è un principio fondamentale che ho sempre seguito: la politica deve stare lontana dagli sport». Il calcio «ferito» dal deficit dei ricavi che ci separa dal modello inglese guarda ai progetti dei nuovi stadi pronti o da scoprire come alla strada da seguire per colmare il vuoto. E' da un diverso modello di gestione degli impianti che passa la rimonta italiana, è la convinzione dei più. E i proventi dalle tv da dividere secondo criteri ecumenici? Il nuovo regime entrerà in vigore dal 2010, ma se oggi l'agenda politica guarda alle urgenze del Paese, un domani potrebbe prendere in mano la questione tanto cara, per esempio, a Galliani. «E' prematuro fare ogni tipo di riflessione», così da Forza Italia.