José Mourinho, Invidiato Speciale

Sbarcato in Italia soltanto nel giugno scorso, in occasione della presentazione ufficiale alla Pinetina, José Mário Do Santos Felix Mourinho è già stato insignito dagli addetti ai lavori dell'etichetta di acerrimo rivale dentro e fuori il rettangolo verde. Due mesi appena ed ecco spuntare le preventivate polemiche di rito, che secondo la tradizione calcistica italiana degli ultimi anni vogliono l'Inter in cima alle hit parade. Di sicuro in tale graduatoria, i quindici anni di dittatura moggiana vestiranno da regine incontrastate sul trono dell'eternità ed a nulla varranno i "tentativi" della beneamata nerazzurra, al pari delle altre squadre, di travestirsi da zebra bianconera. A dire il vero, la società del patron Moratti tanto beneamata non è. Prima Hodgson, poi Simoni reo di aver appena accennato allo scempio mondiale, cui hanno fatto seguito Lippi per un breve periodo e Mancini per i quattro anni più belli e vincenti dell'era post-Pellegrini. Oggi invece tocca al José internazionale, persona colta e simpatica che vive con assoluta determinazione ogni istante del lavoro che meglio sa fare, ovvero l'allenatore di calcio. E già perché, come ama definirsi sin dai tempi del Chelsea, lo Special One ha dimostrato negli ultimi anni di essere uno dei tecnici più bravi ed intelligenti come calcio moderno vuole. Passata la trafila da vice al Barcelona e da esordiente all'União Leira, nel 2002 Mourinho decide che è giunto il momento di vincere: in Portogallo conquista due campionati, una coppa di Lega e due supercoppe, in Inghilterra due Premier League, una Community Shield, una F.A.
Cup e due coppe di Lega, in Europa coppa Uefa e Champions League. Vale a dire il massimo per qualsiasi allenatore nel labirinto del calcio che conta, al quale va aggiunto il riconoscimento di miglior allenatore del mondo per gli anni 2004 e 2005 attribuitogli dall'IFFHS, l'istituto internazionale di storia e statistica.
Nulla a che vedere rispetto a tanti altri coach dal nome altisonante. Certamente, il paragone in questi casi non è elegante ma, quando è il brillante Claudio Ranieri ad aprire le danze con dichiarazioni post tre a zero del tipo "Non ho bisogno di fare come Mourinho, che ha l'obbligo di vincere per essere contento di quello che fa", almeno una spiegazione dell'evidenza agli appassionati di ogni bandiera è sacrosanta e doverosa. Che il tecnico portoghese abbia un carattere scherzosamente ruspante dalla dialettica sibillina è cosa vera, ma da qui a chiamare in causa uno che sta a qualche centinaio di chilometri ed attribuirgli frasi composte che sottintendono tutt'altro significa che l'invidia a questo mondo è tanta. E se ora Mourihno fa parte dell'Inter, vuol dire che di persecuzioni da digerire ne avrà per sempre. In tal caso, la cura migliore è che il quarantacinquenne di Setúbal continui a vincere, per la gioia dei tifosi interisti e del grande Invidiato Speciale.