Torino, Trombetta: "Mai parlato di spie"
Sentito pochi minuti fa al telefono, l'avvocato Trombetta ha voluto smentire ogni concetto inerente alla possibilità che qualche calciatore del Torino abbia "fatto la spia" ai giornalisti riguardo a ciò che alcune testate affermano sia accaduto nell'intervallo della partita di domenica scorsa.
"Non ho mai asserito che esistono delle spie nello spogliatoio" - ha rimarcato.
"In questo momento al Torino servono compattezza e unità d'intenti ad ogni livello, al fine di superare gli ostacoli con la massima determinazione e celerità".
L'Avvocato Trombetta, membro del Cda granata e consigliere fidato del presidente Cairo, è uno degli uomini che ha affiancato l'editore alessandrino fin dagli esordi del Torino Fc, assicurando il proprio appoggio ed assistenza incondizionata ad un progetto che ha sposato senza indugio né recriminazioni, mettendo a disposizione la sua esperienza pluriennale nel mondo del calcio.
Grande artefice (dietro le quinte e sotto la forma di consigli mirati) delle principale manovre che hanno prodotto l'esonero di Zaccheroni, il ritorno di De Biasi ed il ripescaggio di Stellone in questo campionato, Trombetta si è concesso al nostro sito analizzando l'attuale situazione di classifica, delineando alcuni aspetti interessanti e rilevanti.
Buongiorno Avvocato, come ha passato la notte dopo la partita con l'Empoli?
"Molto male. Vivo le sorti del Toro con troppo trasporto e quando le cose non vanno bene provo del dolore addirittura fisico. Ho dormito male, lo ammetto".
Come vede la situazione granata?
"Difficile. Il calendario è ostico nelle prossime ed ultime sei partite. La gara di domenica è stata una sconfitta sorprendente perché avevamo fatto bene a Catania. Il calcio è davvero una brutta bestia, ogni partita è una storia a se".
Ha letto i giornali? Si parla di tensioni nello spogliatoio, polemiche tra Novellino e la squadra e toni esasperati nell'intervallo da parte dello stesso allenatore.
"Ho letto e sono rimasto sorpreso. Il presidente, allo stadio, era seduto davanti a me e quando è tornato al suo posto dopo essere sceso negli spogliatoi per testare l'umore dei ragazzi, non mi ha riferito nulla".
Quindi non crede a tutto quanto è stato scritto?
"Ci credo, invece, perché è impossibile che si inventino di sana pianta determinati eventi. Il problema è un altro. Durante l'intervallo di una gara le persone autorizzate ad entrare nello spogliatoio sono la squadra, i dirigenti ed il presidente. Se qualcosa è uscito ed è stato percepito dai giornalisti è accaduto perché qualche calciatore ha parlato. Non c'è altra spiegazione. Non credo che il magazziniere vada dai cronisti a spifferare qualcosa. E' più probabile che sia un calciatore. Questo è grave".
Che fare dunque?
"Questa è una domanda da porre al presidente. Lui era lì, ha sentito tutto e si sarà reso perfettamente conto della situazione che si è creata. Se dovranno essere prese delle contromisure, lui saprà cosa fare e come agire".
Ma Novellino rischia? E' prefigurabile l'esonero?
"Questo non lo so, non rientra nelle mie competenze. Non credo, comunque. Se il presidente mi dovesse chiamare e chiedere un consiglio, io risponderei, ora come ora, di no. Non avrebbe senso a così poche partite dalla fine".
Neanche se a Genova si dovesse perdere?
"No, nemmeno in quel caso. Il Toro deve andare avanti unito e compatto poi è ovvio che se la squadra dimostrasse di non rispondere più ai comandi dell'allenatore, sarebbe logico ipotizzare un cambio in extremis. Ma ripeto, mi auguro che ciò non accada. E poi, se permette, mi piacerebbe ricordare come il presidente cerchi sempre di tutelare i propri allenatori. Lo ha fatto con De Biasi in serie B, lo ha ripetuto con Zaccheroni fino a quando non si è chiaramente visto che la squadra necessitava di una sterzata e lo sta nuovamente portando avanti con Novellino. Credo che soltanto qualora il Toro ripetesse una sconfitta come quella dello scorso anno a Verona contro il Chievo, Cairo potrebbe esonerare Novellino e cioè soltanto di fronte all'inevitabile".
Ha citato De Biasi, uno dei papabili nell'eventualità remota che Novellino salti. Lei l'anno scorso fu determinante nel convincere il presidente a richiamare l'attuale tecnico del Levante. Stavolta sarebbe più difficile?
"Indubbiamente si, perché De Biasi non è più sotto contratto ed allena un'altra squadra anche se, conoscendolo, ritengo che a Torino tornerebbe pure a piedi. E' troppo innamorato della città e dei colori granata per rifiutare. Ma bisognerebbe valutare la volontà del presidente e tra i due mi pare esistano alcuni contrasti. Però nel calcio tutto può accadere, non si può mai escludere nulla".
Ma qual è, secondo lei, il problema del Torino? Perché una squadra formata da discreti giocatori e da un trainer dal curriculum di tutto rispetto sta vivendo una stagione di così grande passione?
"Non è facile diagnosticare il vero male del Toro anche perché non posso conoscere nulla che esuli dai semplici verbali del Cda di cui faccio parte. Ragionando per ipotesi, credo si verifichino una serie di fattori concomitanti. Ci può essere un elemento psicologico deficitario in alcuni elementi sommato ad alcuni presunti errori tecnico tattici in sede di campagna acquisti. C'è anche forse la mancanza di una buona comunicazione tra la società e la squadra. Sono molteplici le risposte che si possono dare ma nessuno può davvero conoscere la verità assoluta se non chi sta al vertice della piramide e cioè il presidente. Lui, come ho già detto, sa come muoversi meglio di tutti noi".
Quando parla di problemi nella comunicazione tra società e squadra si riferisce alla nuova dirigenza granata ed alle critiche mossegli da ogni direzione?
"Prendo atto di queste critiche e della delusione provocata con mio sommo dispiacere. Ribadisco, però, come io auspichi che tutto si sistemi per il meglio".
Lei ha parlato di individualità nelle quali l'elemento psicologico può aver avuto la sua parte. E' il caso forse della metamorfosi di Di Michele, irriconoscibile rispetto al giocatore ammirato a Palermo, Udine ecc?
"Rispetto agli scorsi due anni, questa stagione l'ho vissuta in maniera più distaccata, nel rispetto dei ruoli societari, per cui non conosco il ragazzo in modo approfondito. Anche in questo caso avanzo soltanto delle ipotesi, dicendo che magari l'attaccante non è riuscito ad ambientarsi, non si trova bene a Torino e voleva andare via a Gennaio".
Concludendo, il Toro ce la farà?
"Servono come minimo cinque punti perché la salvezza la si può agguantare intorno alle 39-40 lunghezze. Detto questo bisogna stare attenti perché la situazione è complessa e non bisogna dimenticare che negli scontri diretti il Toro è sotto, per cui i punti che ora lo separano dalla zona retrocessione non sono cinque, bensì quattro. Un aspetto ulteriore per rimboccarsi le maniche e risollevarsi".