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Trezegol: dentro o fuori. Inter, viva Muntari. Basta con Hamsik

Trezegol: dentro o fuori. Inter, viva Muntari. Basta con Hamsik
mercoledì 30 luglio 2008, 00:002008
di Alfredo Pedulla'
Nato a Messina il 15 Aprile 1964, si trasferisce a Roma nel 1989 per lavorare presso la Redazione del Corriere dello Sport, fino al 2007. Opinionista a Sportitalia, ha vinto i premi "Oscar dei giovani","San Silvestro d'oro" e "Beppe Viola".

Mercato apertissimo, anche (e soprattutto) per le grandi. La Juventus decida una volta per tutte cosa vuole fare di Trezeguet. Non è importante smentire, né è fondamentale spegnere le voci (della serie "Trezegol è incedibile") quando nei sotterranei del mercato si sviluppano situazioni completamente diverse. Il nervosismo recente di Ranieri, una spugna solitamente, è indicativo. Il broncio di David c'è, talvolta il suo muso è lunghissimo, parte da Torino e arriva fino a Roma. Il gol di ieri contro il Milan non è un medicinale, anche se aiuta. Sua mamma Beatriz vorrebbe restare a Torino, mentre Trezeguet non è insensibile al fascino e alla corte -per ora senza passi ufficiali -di un club che lo insegue da una vita. Io taglio corto e la vedo così: se Ranieri ritiene che "davvero al 100 per cento" non ci siano incompatibilità con Amauri (personalmente credo che la coesistenza sia non semplicissima ma possibile-probabile), allora sarebbe il caso di coccolare Trezegol. Altrimenti, se la strategia è quella di fare cassa (David ha 31 anni, l'estate prossima sarebbe difficile ricavare dai 20 milioni in su) allora è giusto prendere una decisione definitiva, sottolineo definitiva, visto che il mercato è lungo e che fino al primo settembre non sarebbe il caso di andare al balletto delle voci incontrollate e incontrollabili. La Juve ha un triplo tesoro in casa: Amauri grande acquisto, e non c'erano dubbi, Iaquinta è il trionfo della duttilità e della concretezza, Del Piero è l'asso di briscola da calare in qualsiasi momento. Ma se, ipotesi, andasse via Trezeguet sarebbe importante trovare un quarto attaccante, perché quattro punte sono importanti quando sei impegnato su tre fronti. E senza il famoso poker offensivo non si cantano messe.
Se Mutu è rimasto in viola, il 90 per cento del merito è di Cesare Prandelli. Da perfetto manager all'inglese, l'uomo che ha stregato Firenze è entrato in tackle scivolato su tutti quelli, dirigenti compresi, che si erano ormai rassegnati a perdere il bizzarro Adrian. Capisco il motivo che porta la gente di Firenze a proporre addirittura la cittadinanza onoraria all'eccellente Prandelli. Io mi metto nei panni dell'allenatore, un fenomeno di serietà e professionalità, e la penso così: ho Mutu e sto preparando il preliminare di Champions League; vogliono togliermi Mutu, il più rappresentativo dell'organico, e magari pensano che sarà lo stesso una passeggiata di salute; mi metto di traverso e faccio capire che non è così e che a quel punto, senza Mutu, possono anche rinunciare al sottoscritto. Il pensiero di Prandelli, un mix di coraggio e personalità, ha fatto breccia nei dirigenti della Fiorentina quando qualcuno stava aspettando il comunicato che ufficializzasse la cessione del fuoriclasse romeno. Auguro a Prandelli, manager alla Ferguson, una stagione ricca di soddisfazioni. Né posso muovere particolari rimproveri alla Roma che ha cercato Mutu, ha fatto un'offerta respinta, è stata respinta da un "no" secco e irrevocabile quando si apprestava a tagliare il traguardo a braccia alzate. Adesso è difficile ricominciare, ma la Roma in qualche modo risolverà il problema. Segue Nenè, esterno del Monaco, un buon giocatore (miglior uomo-assist nell'ultimo campionato francese) e non fatevi ingannare da immagini che non rendono l'idea del suo valore, anzi gli fanno un dispetto. Nenè può essere l'erede di Giuly, ma è importante non sbagliare il nome principale, l'uomo che sostituirà Mutu sposo della Roma soltanto per pochi giorni. Un solo appunto alla Roma: rinviare l'operazione di rinnovo del contratto di Aquilani è un errore grave.
Più passano i giorni e più mi convinco che prendendo Muntari l'Inter abbia fatto un ottimo affare. Con Mourinho il ragazzo volerà. Mi piaceva ai tempi di Udine, l'esperienza al Portsmouth gli ha un po' cambiato i connotati: il suo problema non era tecnico-tattico, interprete delizioso e di grande spessore, ma caratterialmente con atteggiamenti e comportamenti non da tramandare ai posteri. La Premier, per sua stessa ammissione, gli è servita parecchio e lo ha ammesso anche il simpatico Sulley durante la presentazione alla stampa. Il ragazzo ha qualità e quantità, sa inserirsi e prende la porta, sa impostare e verticalizzare, sa giocare senza palla e creare l'effetto sorpresa: 16 milioni (bonus compreso) secondo me spesi benissimo.
Capisco la rabbia dei tifosi del Napoli, a maggior ragione del presidente De Laurentiis, quando continuano a mettere in discussione la presenza di Hamsik nell'avviatissimo ciclo della squadra di Reja. Esempio: se il Napoli è interessato a un giocatore della Juve o dell'Inter, scatta automaticamente un giochino perverso. Ovvero che, per prendere tizio o caio, il Napoli debba concedere un'opzione per Hamsik. Come se il Napoli fosse un club di terza o quarta fascia, come se non meritassero rispetto sessantamila tifosi che - incredibile ma vero - il 26 di luglio riempiono lo stadio San Paolo per una partita di Intertoto. Posso sbagliarmi, ma credo che oggi De Laurentiis non darebbe Hamisk anche se gli offrissero 35 milioni di euro. Esattamente come il Milan non cede Kakà per tutto l'oro del mondo (100 milioni sono pochi?) fino a quando il fenomeno brasiliano - Galliani spera per tutta la sua vita calcistica - dimostrerà di stare a meraviglia con la maglia rossonera cucita addosso. Un umile consiglio, dunque: lasciamo in pace Hamisk e la voglia di crescere del Napoli.

PS: Ho ricevuto una valanga di mail dai tifosi dell'Avellino, da tutta Italia, per la mia presa di posizione nei riguardi del presidente Macalli che - ignorando problemi di sua competenza e occupandosi di altri che non gli appartenevano - ha cercato fino all'ultimo di mettere in discussione l'iscrizione del club irpino. Adesso ai tifosi dell'Avellino bisogna regalare una squadra competitiva, con programmi chiari e senza giri di parole: l'unica strada percorribile, da parte del patron Pugliese, per rimediare agli errori del passato. Soltanto così l'ascensore di Avellino potrà puntare, in futuro, al primo piano. Dimenticando per sempre il tasto numero tre.