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Ibrahimovic: "Il Barcellona è più forte dell'Inter"

Ibrahimovic: "Il Barcellona è più forte dell'Inter"
sabato 5 settembre 2009, 10:562009
di Stefano Luongo
fonte Corriere dello Sport

Quando Zlatan Ibrahimovic diven­ne interista, abbandonando la Juve disintegra­ta da calciopoli, avvertì almeno il dovere di ri­vendicare a parole gli scudetti vinti sul campo e consegnati (uno di questi) alla sua nuova squadra. Era una specie di bi­campione d'Italia, ma gli interes­sava dimostrare che era lui il ve­ro vincitore di quei campionati. Ciò non è stato sufficiente per calmare l'animo dei tifosi bianco­neri che lo hanno considerato un traditore ( come hanno fatto del resto con Fabio Cannavaro, alme­no nei primi tempi del suo ritor­no a Torino). A Ibra, i cori e gli insulti del Comunale torinese non hanno mai fatto un effetto parti­colare, a meno che non si intenda per effetto gli 0 gol realizzati in quello stadio contro la Juve. Ora però Ibra­himovic ha compiuto un salto di qualità nel modo di lasciare la ex squadra. Ogni volta che può, sono bordate con­tro il suo passato. Prima le dichiarazioni ("non sono felice, sono l'uomo più felice del mondo") appena giunto a Barcellona, con un senso for­te di liberazione, poi il bacio della maglietta azulgrana, prima ancora di indossarla, di fron­te a tutto il Camp Nou e due giorni fa le stoc­cate dal ritiro della Svezia. "Contro l'Inter, a San Siro, spero di vincere, perché credo che siamo più forti noi di loro. Anzi, non lo credo, lo so". E via con gli attacchi al calcio di Mou­rinho, dimenticando che col portoghese ha vin­to per la prima volta la classifica dei cannonie­ri della serie A. Non importa essere grati, ba­sterebbe riconoscere le cose come stanno. «La squadra dove sono ora gioca un calcio più of­fensivo e punta più sul possesso palla, rispet­to all'Inter; ma per parlare delle differenze tra le due formazioni dovrei aspettare di essere al cento per cento. Adesso penso a me stesso e a come arrivare a il ritmo- partita nella mia nuo­va squadra.

Dipende soltanto da me, anche se aver giocato 90 minuti con lo Sporting Gjion mi ha aiutato a capire meglio il gioco del Bar­cellona. Il gol che ho segnato (il terzo del 3­0 del Barça, ndr) è stato un bonus, serve per abbassare la tensione». Il 16 settembre, a Milano, Inter- Barcellona. "Non vedo l'ora che arrivi quel gior­no. Tornare a San Siro con un'al­tra maglia sarà emozionante". Fischi, insulti, cori, forse qualche striscione, dalla curva. Gelo, in­vece, nello spogliatoio dell'Inter. Se le prime manifestazioni affet­tuose di Ibra nei confronti del Barcellona hanno lasciato nell'in­differenza la Pinetina, stavolta, col discorso del "siamo più forti, siamo più belli, siamo più vin­centi di voi", qualche suo ex com­pagno comincia a innervosirsi. Quello che accadrà in tribuna non lo renderà nervoso più di tanto (se uno è capace di rivolgersi alla sua curva indicando con rabbia e volgarità i propri genitali per qualche fischio piovuto qua e là, che sensibili­tà può avere?), ma lo sguardo gelido di chi non lo amava nemmeno quando faceva gol con la maglia nerazzurra o le battute perfide di Mou­rinho, quelle sì, gli daranno fastidio. E visto che, anche quando il clima intorno a lui era se­reno, trovava sempre il modo di perdersi nel­le sfide ad alta tensione (vedi gli scontri diret­ti di Champions League), forse stavolta Ibra ha sbagliato tattica. Faceva meglio a stare zit­to e a parlare dopo San Siro, se avrà finalmen­te segnato in Champions in una partita vera. Sarebbe la prima volta. Con l'Inter non è mai successo.