Ibrahimovic: "Il Barcellona è più forte dell'Inter"
Quando Zlatan Ibrahimovic divenne interista, abbandonando la Juve disintegrata da calciopoli, avvertì almeno il dovere di rivendicare a parole gli scudetti vinti sul campo e consegnati (uno di questi) alla sua nuova squadra. Era una specie di bicampione d'Italia, ma gli interessava dimostrare che era lui il vero vincitore di quei campionati. Ciò non è stato sufficiente per calmare l'animo dei tifosi bianconeri che lo hanno considerato un traditore ( come hanno fatto del resto con Fabio Cannavaro, almeno nei primi tempi del suo ritorno a Torino). A Ibra, i cori e gli insulti del Comunale torinese non hanno mai fatto un effetto particolare, a meno che non si intenda per effetto gli 0 gol realizzati in quello stadio contro la Juve. Ora però Ibrahimovic ha compiuto un salto di qualità nel modo di lasciare la ex squadra. Ogni volta che può, sono bordate contro il suo passato. Prima le dichiarazioni ("non sono felice, sono l'uomo più felice del mondo") appena giunto a Barcellona, con un senso forte di liberazione, poi il bacio della maglietta azulgrana, prima ancora di indossarla, di fronte a tutto il Camp Nou e due giorni fa le stoccate dal ritiro della Svezia. "Contro l'Inter, a San Siro, spero di vincere, perché credo che siamo più forti noi di loro. Anzi, non lo credo, lo so". E via con gli attacchi al calcio di Mourinho, dimenticando che col portoghese ha vinto per la prima volta la classifica dei cannonieri della serie A. Non importa essere grati, basterebbe riconoscere le cose come stanno. «La squadra dove sono ora gioca un calcio più offensivo e punta più sul possesso palla, rispetto all'Inter; ma per parlare delle differenze tra le due formazioni dovrei aspettare di essere al cento per cento. Adesso penso a me stesso e a come arrivare a il ritmo- partita nella mia nuova squadra.
Dipende soltanto da me, anche se aver giocato 90 minuti con lo Sporting Gjion mi ha aiutato a capire meglio il gioco del Barcellona. Il gol che ho segnato (il terzo del 30 del Barça, ndr) è stato un bonus, serve per abbassare la tensione». Il 16 settembre, a Milano, Inter- Barcellona. "Non vedo l'ora che arrivi quel giorno. Tornare a San Siro con un'altra maglia sarà emozionante". Fischi, insulti, cori, forse qualche striscione, dalla curva. Gelo, invece, nello spogliatoio dell'Inter. Se le prime manifestazioni affettuose di Ibra nei confronti del Barcellona hanno lasciato nell'indifferenza la Pinetina, stavolta, col discorso del "siamo più forti, siamo più belli, siamo più vincenti di voi", qualche suo ex compagno comincia a innervosirsi. Quello che accadrà in tribuna non lo renderà nervoso più di tanto (se uno è capace di rivolgersi alla sua curva indicando con rabbia e volgarità i propri genitali per qualche fischio piovuto qua e là, che sensibilità può avere?), ma lo sguardo gelido di chi non lo amava nemmeno quando faceva gol con la maglia nerazzurra o le battute perfide di Mourinho, quelle sì, gli daranno fastidio. E visto che, anche quando il clima intorno a lui era sereno, trovava sempre il modo di perdersi nelle sfide ad alta tensione (vedi gli scontri diretti di Champions League), forse stavolta Ibra ha sbagliato tattica. Faceva meglio a stare zitto e a parlare dopo San Siro, se avrà finalmente segnato in Champions in una partita vera. Sarebbe la prima volta. Con l'Inter non è mai successo.