Juventus, Ranieri: "Non so se resto"

Se maggio doveva essere il mese del riscatto per la Juve le premesse non potevano essere più nefaste di così. Il pareggio interno di ieri all'ultimo minuto contro il Lecce (primo gol in fuorigioco a parte) rimanda in maniera sconcertante il 3-3 con il Chievo che proprio un mese fa, senza più Champions e al rientro dalla sosta dalla nazionale, inaugurava un periodo di magra fatto di quattro pareggi e una sconfitta in 5 gare, 9 gol fatti e 11 subiti.
In pratica, un'andatura da metà classifica che rischia di vanificare quanto seminato fin qui dai bianconeri, posto in Champions senza preliminari in primis.
L'emblema di questa crisi sta tutta nella spaccatura di uno spogliatoio dove Ranieri si prende a parole grosse con Camoranesi, sostituito dopo i primi 45 minuti, così come Del Piero, che però questa volta non ha fiatato di fronte alla decisione dell'allenatore.
Un crollo anche nervoso che passa tutto per la rabbia dell'esasperato Buffon che abbandona dopo 4 minuti lo spogliatoio e torna in campo da solo, per non parlare della contestazione dei tifosi che oltre ad invitare tutti - tecnico, dirigenza e giocatori, chi più chi meno - ad andare a lavorare, rispolverano per la prima volta dopo Calciopoli addirittura cori in favore di Luciano Moggi.
Ma il disfacimento bianconero sta anche nella distanza ormai incolmabile tra Ranieri, per sua stessa ammissione non più sicuro di restare fino alla fine, e questi dirigenti, stanchi e disorientati, incapaci di prendere di petto una situazione sfuggita di mano forse troppo tempo fa.
Come se non bastasse domenica si va a San Siro a trovare il Milan: a ripensare al 4-2 dell'andata, con quella lezione di calcio specchio fedele di una prima parte di stagione sfavillante, sembra quasi di ricordare le gesta di un altro campionato.