Milan, il giallo della panchina e la promessa di un asso
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Nel 1986, quando Silvio Berlusconi acquistò il Milan salvandolo dal fallimento, l'allenatore era Nils Liedholm che - come argutamente scrisse subito Maurizio Mosca - "era la sua palla al piede come lo era Indro Montanelli alla direzione del 'Giornale', non a caso i loro successori furono due purosangue scatenati come Arrigo Sacchi e Vittorio Feltri". Berlusconi ha sempre saputo scegliere i suoi uomini, nelle aziende, nei posti di comando, intorno a sé. Affidò la reggenza del club ad Adriano Galliani e Ariedo Braida e non li ha mai cambiati e nessuno può sostenere che fosse giusto un ricambio. La continuità è un motivo di orgoglio e di successo anche alla Fininvest e a Mediaset.
Oggi però Berlusconi ha la testa e il cuore altrove, lontanissimi da Milanello e da San Siro. Per il Milan resta l'affetto, un affetto da una cinquantina di milioni all'anno. Non c'è più voglia non di investire, ma di programmare. L'esempio della panchina ancora vacante e la promessa di un grande acquisto quest'estate, confermano la stanchezza del Presidente.
Incontrò una mezza dozzina di allenatori nella primavera del 1987, il conte Rognoni (fondatore del Cesena e del "Guerin Sportivo") gli portò ad Arcore il mago di Fusignano e bastò una lunga chiacchierata per convincersi che fosse la persona giusta. Fu Berlusconi a organizzare il passaggio di Sacchi alla Nazionale avendo già preparato da un anno Fabio Capello a prenderne il posto. L'anno scorso, deciso l'allontanamento di Ancelotti, tutti sapevano già in primavera che il designato era Leonardo.
Ora questa attenzione non c'è più, c'è solo qualche lontano fastidio per qualche scelta, prima di Ancelotti, poi di Leonardo. Berlusconi non conosce Allegri, non sa chi sia. I suoi identikit portavano inevitabilmente a Donadoni o Costacurta, dopo Van Basten. Allegri è un'idea (un'intuizione?) che non gli appartiene, come evidentemente non gli appartenevano quelle di Galli e/o Tassotti. Cedere ad Allegri, non conoscendone evidentemente gli orientamenti politici che tanto pesarono nel rapporto con Zaccheroni, oltre a un passato vivace se non proprio burrascoso da giocatore, è un altro segnale di stanchezza.
Come lo è stato la promessa di "un grande acquisto" quest'estate, lasciando la nettissima sensazione di volersi semplicemente allontanare dalla durissima contestazione più che voler seriamente colmare le lacune della squadra. Quale "grande acquisto"? Ibrahimovic? Da mettere tra Pato Borriello Ronaldinho e davanti a Seedorf? O chi altro? In panchina ci si può mettere Allegri o Tristi o Contenti, Costacurta o Donadoni o Galli o Albertini o chi vi pare. E' la squadra, che deve avere la precedenza. Una squadra stanca, logora, fragile caratterialmente (vedi i derby, i Manchester, il crollo una volta arrivati a 1 punto dall'Inter) che non ha bisogno di "un grande acquisto" una tantum, ma un Thiago e un Abate ogni anno, cioè un buon (gran) giocatore affermato e un giovane. Quale che sia Caronte sulla panchina rossonera nella prossima stagione, dovrà tragherrare al 2011 anime in scadenze contrattuali, non rinnovabili per raggiunti limiti di età.