Milan, per Ibrahimovic questione di soldi e di sport, non di politica
Queste ore frenetiche stanno cambiando pelle al Milan, spostando valori che sembravano ormai cementati nel campionato italiano e stanno facendo lievitare l'umore dei tifosi. Mercoledì notte abbiamo detto e scritto che per Ibra è fatta, senza nemmeno il sacrificio di Marco Borriello: le fonti erano e restano più che attendibili. Restiamo di questa idea: troppo forte il dissidio del giocatore con il club (in particolare con Guardiola) e la sua voglia di Milan, troppo esposto il club rossonero negli ultimi giorni per mollare la presa, troppo stufo il Barcellona per trattenere un pezzo da 70 milioni + 12 a stagione in panchina.
I dettagli di un'operazione di questo genere sono però troppo superiori alla frenesia, troppo delicati per essere liquidati a stretto giro di posta. L'accordo con Ibrahimovic e il Milan è stato raggiunto da tempo, l'interlocutore è da diverso tempo unicamente il Barcellona. Il club catalano ha un parco-attaccanti di statura medio-bassa, non può non avere in casa un ariete. La partita si giocava (anche) sulla contropartita tecnica, per questo il Milan ha proposto prima Huntelaar poi Borriello sull'altare sacrificale. Le soluzioni evidentemente non sono risultate gradite agli spagnoli, o quantomeno ci si è trovati di fronte a qualche incaglio di troppo. Dunque, il discorso si è fatto di pura natura finanziaria ed è qui che evidentemente sono nate le complicazioni, si sono dilatate le discussioni. Nonostante, sia chiaro, il discorso fosse in fase di risoluzione come è apparso evidente nella notte di giovedì. Ci sono questioni fiscali, questioni che riguardano l'iscrizione a bilancio di certe voci, burocrazie come il prestito rinnovabile o non rinnovabile a livello internazionale che non possono non essere sottovalutate. Nodi che vedono incombere la scadenza del 31 agosto, data entro cui - comunque dovessero andare le cose - Ibrahimovic non ha alcuna intenzione di trovarsi con addosso la maglia blaugrana.
Berlusconi ha evidentemente sentito forte il desiderio della "piazza" di qualcosa che desse una svolta all'estate in mutande nella campagna acquisti. Il solo Boateng, destinato a diventare un titolare, non poteva spostare l'asse Inter-Roma con la Juve scatenata nei cambiamenti e nella filosofia. Inutile quindi cercare dietrologie di stampo politico: le eventuali elezioni anticipate pesano poco o nulla sulla decisione finale di mettere o non mettere mano al portafoglio. Berlusconi cavalca la vicenda politica già forte di sondaggi che lo rassicurano, non ha bisogno di specchietti calcistici e, soprattutto, non intende contraddirsi sul tema di una gestione del Milan diversa da quella che l'ha contraddistinta in questi 5 lustri, cioè con i cordoni della borsa ben stretti. L'impennata per il colpo Ibrahimovic è e resta una questione sportiva.
Chi andrà in panchina, chi giocherà, chi si arrabbierà, non conta nulla. Avere 6 attaccanti in competizione tra di loro per 3 posti è un vantaggio, non un ostacolo. Il Milan ha disputato una finale di Champions con Papin in panchina e Gullit in tribuna, era il Milan che giocava la terza finale in 6 anni e che ne avrebbe disputate altre 4 nei successivi anni. La grandezza passa per qualche scelta importante, onerosa, difficile. Come lo è il finale della trattativa per Ibrahimovic. L'obiettivo di tutti è il lieto fine, con le firme sui contratti e le vittorie sul campo.