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Torino, Merlo: "Cairo ha fatto il suo tempo"

Torino, Merlo: "Cairo ha fatto il suo tempo"
domenica 3 aprile 2011, 10:042011
di Marco Gori
fonte Marco Bonetto per Tuttosport

Riportiamo alcuni passaggi dell'interista concessa dall'On. Giorgio Merlo a Tuttosport: "Parlo da tifoso, da cittadino, da deputato. La storia non si rinnega, ma si ricorda. E la storia dice che dopo l'intervento decisivo dei lodisti nel 2005, una volta fallito il Torino di Cimminelli, Cairo ha salvato il club e lo ha subito riportato in A. Dopodi­ché, dato a Cesare quel che è di Cesare con il giusto rispetto, con obiettività e pure onesta gratitudine, vanno evidenzia­te tutte le carenze e gli errori commessi negli anni da Cairo. E alla luce di tutto ciò, anche di una quasi totale assenza di coerenza nel suo agire, Cairo ha davvero fatto il suo tempo e non credo che possa ancora rimontare. La squadra può rimontare in classifica e volare in A: lo spero, tifo anch'io per questo. Ma Cairo no, ormai. L'errore più grande del presidente granata? Al di là dei risultati fallimentari sul campo, stagione dopo stagione, devastante è stata anche l'assenza di torinesità e di piemontesità nella sua dirigenza, a parte eccezioni nel passato come per esempio l'avvocato Trombetta. Il che significa non avere messo radici in un territorio che invece ha sempre riconosciuto il Toro come suo figlio ideale. Se c'è un club e un mondo di tifosi legati a filo doppio con la storia di Torino e del Piemonte, quello è il Toro e quel mondo è la sua gente. Ma il Torino di Cairo è lontanissimo da tutto ciò. Cairo si difende dicendo che a Torino è difficile fare calcio? Non è assolutamente vero. Allude ai tifosi e ai mass media? Beh, non so quante città abbiano tifosi appassionati e generosi come quelli granata. E i mass media in Piemonte sono seri, onesti e scrupolosi esatta­mente come nelle altre regioni. Torino e il Piemonte hanno po­tenzialità anche uniche, gigan­tesche. Il discorso è un altro: è per Cairo che è particolarmen­te difficile fare calcio, dopo tut­te le promesse non mantenute e gli errori fatti. Ma ora ha an­nunciato che se ne andrà, no? Il suo rapporto con i tifosi si è rotto per sempre. Ecco perché occorre una svolta a prescinde­re, a questo punto. Non una svolta casuale. Né servono av­venturieri o cordate ipotetiche.

Serve un imprenditore serio, facoltoso, proiettato nel futuro, ma che conosce la storia e le tradizioni del Toro e della sua gente. Che ha a cuore il Toro e i tifosi. E qui può entrare in ballo anche un mio vecchio di­segno: na volta che emergesse un salvatore così come ho descrit­to... e sono convinto che prima o poi arriverà, date appunto le potenzialità eccezionali del To­rino e di Torino... i tifosi potreb­bero anche accompagnarlo con forme di azionariato popolare, a conferma della loro gratitudi­ne e affetto. Un sostegno sim­bolico o anche concreto, a se­conda del portafoglio di ciascu­no. Ma sempre dietro, o meglio: al fianco di un imprenditore fa­coltoso, in grado lui di ricreare un Toro dignitoso e vincente. E di cui andare orgogliosi nel mondo: non come adesso, pur­troppo. La svolta s'impone, per cui rifarei anche una marcia, ovviamente pacifica, in difesa del Toro e per invogliare l'arri­vo di un salvatore. Una marcia simile a quella meravigliosa dei 50 mila del 4 maggio 2003, il giorno dopo la retrocessione in B. Ma, oggi, con contenuti anche nuovi. Il prossimo 4 maggio, 62° anniversario della tragedia di Superga, potrebbe essere il giorno giusto. I tifosi ci pensino. Non voglio attribuir­mi titoli in questa cosa, la poli­tica non c'entra. Non è il depu­tato Merlo che organizza una nuova marcia: nel caso saran­no i tifosi ad accogliere e a bat­tezzare questa proposta, lan­ciata da un granata come loro. Non cerco pubblicità, per in­tenderci. Semplicemente, cer­co di dare anch'io un mio con­tributo alla discussione: spero apprezzato, appunto al di là di ogni convinzione politica, visto che sono un deputato del Pd. E' anche importante che il Toro club Montecitorio torni a far sentire la sua voce, anche que­sto è un modo perché si acqui­sti credibilità istituzionale. Quella che Cairo non ha ga­rantito".