Tutti gli errori di Galliani: ecco perché l'Italia saluta la Champions
Figli di un Dio minore. L'altro giorno, esattamente martedì, ribattezzavo così il campionato italiano, o meglio, i club italiani, costretti a inseguire le società spagnole, inglesi, gli sceicchi di PSG o Malaga, il Bayern Monaco e - più in generale - i club tedeschi con quasi tutti lo stadio di proprietà. Da compratori in boutique siamo passati dall'altra parte del banco, a meno che non dobbiamo addirittura impegnare i nostri averi al monte di pietà. La metafora assomiglia molto al ristorante di lusso e alla pizzeria snocciolata ieri proprio dall'ad rossonero. Qualcosa da dire, nel discorso di Galliani, c'è.
VANTAGGI E SVANTAGGI - Sicuramente la partita di Pechino porterà soldi, pubblicità e un'impennata della considerazione italiana in Cina, un mercato emergente e che probabilmente sarà quello del futuro, sia per il calcio che per l'economia mondiale. Pro, quindi, ce ne sono. E' anche vero che le obiezioni si riferiscono solamente a questa partita e non alle precedenti gare, perché finché Lazio-Inter si gioca a Pechino non c'è problema, quando è il Derby della Madonnina tutto cambia, perché San Siro - nonostante sia agosto - sarebbe comunque stato stracolmo. Basti pensare alla RAI, che due anni fa decise di non mandare i propri giornalisti in Cina per la telecronaca in presa diretta della gara. In ogni caso, la scelta è condivisibile dal lato dell'immagine e del fatturato - tanto caro più avanti nel nostro discorso - un po' meno per la passione dei tifosi italiani, alla prima stracittadina e assetati del calcio che conta (anno dispari, senza grandi competizioni, tranne una Copa America non certo ricca di spettacolo).
RENDIMENTO - "Sono rassegnato: la classifica di club per paesi, che non separa il rendimento in Champions da quello in Europa League, fa sì che i risultati di chi si fa eliminare in Europa League vengano scontati da chi, in Champions, non è andato affatto male". Probabilmente Adriano Galliani ha ragione, la colpa è anche del fatto che le classifiche di rendimento non sono differenziate tra club di Champions League e quelli di Europa League.
C'è però qualche osservazione importante da fare, anche nel modo di acquisire i punti. Partiamo da due assunti: fino alla fase a gironi, siano essi di Europa League o di Champions League, i punti vanno calcolati solo in base al raggiungimento del turno. Esempio, se il Palermo non dovesse passare contro il Thun prenderebbe solamente un punto per l'intera campagna 2011/12. La somma di tutte le squadre va poi divisa per sette (le squadre qualificate in Europa, dall'anno prossimo per sei) per calcolare il coefficiente UEFA. Quindi il punto del Palermo peserebbe in maniera tragica sul bilancio delle italiane in Europa, anche se siamo solamente ad agosto.
Lasciando poi stare il fatto che i bonus - a turno raggiunto - della Champions League sono completamente diversi rispetto a quelli dell'Europa League (molto più alti).
Però andiamo a controllare come le grandi italiane hanno giocato le ultime Europa League.
Il Milan, stagione 2008-09, inserito nel girone del Wolfsburg ed eliminato dal Werder Brema di Diego ha giocato otto partite, conseguendo 12 punti, ventisettesima squadra nella classifica stagionale peggio pure dell'Udinese.
La Juve del 2009/10 ha giocato 10 partite, conseguendo 11 punti, ventiquattresimo posto (eliminazione a opera del Fulham). Peggio ancora la scorsa stagione, con 6 punti in 6 partite, cinquantatreesima, con i sei pareggi nella fase a gironi con Lech Poznan, Manchester City e Salisburgo.
Il Napoli bene nella scorsa stagione, disastroso quando ha pescato il Benfica nel 2008/09, arrivando solo al quarto turno. C'è da dire che con il passare degli anni la squadra di De Laurentiis è cresciuta sensibilmente.
Inoltre l'Europa League è una competizione di "seconda scelta" solo per le italiane. L'anno scorso Porto, Benfica e Braga sono arrivate alle semifinali di Europa League, facendo guadagnare al Portogallo uno splendido 18.800 nel coefficiente UEFA, più di tutte le altre nazioni europee. In generale tutte le società che prendono parte alla seconda competizione continentale puntano a vincerla o comunque la onorano fino in fondo. E' vero che le società italiane in CL, storicamente, non vanno male - anche se ultimamente passano meno turni del solito)- quante volte abbiamo sentito "meglio pensare al campionato che all'Europa League"? Ecco, dopo non ci lamentiamo però.
FLORENTINO PEREZ, IL RANKING, KAKA' E FISCALITA' - C'è poi la cena con Florentino Perez. La Spagna ha un ranking solidissimo, ma non è certo per il Real uscito agli ottavi di finale di Champions League per anni e anni consecutivamente. Villarreal, Valencia, Atletico Madrid, Espanyol, tutte società che in Europa League si sono fatte valere, senza contare al Barça. E' vero poi che il Real può permettersi certi stipendi perché riceve dalle tv circa il doppio rispetto a quello concesso proprio ai rossoneri. Però, in chiave ranking, va da sé che se Real e Barça prendono la metà dei diritti televisivi della Liga spagnola, le altre società dovrebbero essere più scarse: probabilmente lo sono rispetto alle italiane, ma vanno sempre più avanti in Europa e solamente per questo hanno un ranking solidissimo. Appunto.
Capitolo Kakà: parzialmente vero che la fiscalità era diversa rispetto a quella italiana. La legge Beckham permetta al datore di lavoro di pagare solamente il 23% di tasse per il lavoratore straniero. Dal primo gennaio 2010 la legge è cambiata - e sarebbe bene che qualcuno lo faccia notare anche all'ad rossonero - e anche in Spagna si paga il 43%, proprio come in Italia. E' vero che Kakà è stato preso nel corso del 2009, ma per la stessa motivazione se il brasiliano o Cristiano Ronaldo dovessero rinnovare il contratto, allora la tassazione risulterebbe diversa e pure loro si dovranno adeguare. Alexis Sanchez, Fabio Coentrao, Mesut Ozil, Sami Khedira, Mascherano e compagnia cantante sono quindi pagati, parliamo di stipendio, proprio come un normale straniero su suolo italiano. Vero quindi parzialmente, falso per i vantaggi futuri. Anche per questo Kakà è un nome possibile per il Milan, soprattutto qualora fosse intenzionato a decurtarsi parte dello stipendio, perché un rinnovo in terra iberica sarebbe davvero difficile da trattare.
IL FATTURATO CHE FA CLASSIFICA - Parliamo del fatto che in Spagna molte società stanno per fallire - e usano la Ley Concursal per dilazionare i pagamenti - il sistema economico calcio è in crisi a parte Real e Barça che godono di buona salute. In questo senso, se è vero che solo le due grandi di Spagna stanno sopravvivendo, non bastano solamente loro per portare avanti il ranking: sette squadre vuol dire che anche il loro risultato (di merengues e blaugrana) va diviso per sette, come quello italiano, e se le altre squadre non facessero il proprio dovere allora anche la Spagna scenderebbe di classifica. L'Inghilterra piazza sempre le grandi squadre ai primi posti della Champions con continuità imbarazzante, mentre in Europa League viaggia a folate ma con molte società oltre i gironi. La Germania ha i nuovi stadi, è vero, ma in questo sono dei precursori e la Bundesliga fa vedere partite ricche di spettacolo, senza tatticismi esasperati, con gli impianti sempre pieni, anche in Serie B. Immaginatevi il Rigamonti pieno, o l'Atleti Azzurri d'Italia quando gioca l'Albinoleffe...
FRANCIA E PORTOGALLO - Diamo un occhio all'attuale ranking, e ci salta all'occhio subito un grave problema: queste due nazioni sono vicinissime a noi, e se per caso dovesse saltare il Palermo contro il Thun la cosa sarebbe ancora più difficile. Non si può dire che il loro fatturato è più alto (o lo sarà mai) di una squadra media in Italia, perché è ovvio che non sia vero. Rischiamo di farci sorpassare pure da loro, e l'ipotesi nel medio termine non è così peregrina: la Francia è dietro di cinque punti ma ne recupererà tre e mezzo secchi all'inizio della prossima stagione, il Portogallo è dietro di sei ma in due anni ne recupererà otto. Insomma, rischiamo di averne due, in Champions League, nel giro di tre stagioni. Meglio svegliarsi prima.
STADI IN FRANCIA - Inutile dire che, con questi calcoli, in parte è già confutata la teoria di Galliani sull'Europeo 2016 come ulteriore spaccatura nel ranking. Ma andiamo a vedere la situazione stadi in Francia. L'unico di proprietà, poco più di 21 mila posti, è quello dell'Auxerre, l'Abbé-Deschamps. L'Europeo 2016 porterà solamente quattro nuovi stadi (verranno restaurati gli altri, dal Parco dei Principi in su), a Bordeaux, a Lione, a Lille e a Nizza. Il primo potrebbe davvero sostituire il Chaban-Delmas e diventare uno stadio di proprietà, com'è nelle previsioni anche del Ceo del club biancoblù, Nicolas de Tavernost.
Problemi invece per il futuro Gerland, ovvero il "New Olympique Lyonnais Stadium", anche detto Grand Stade: la burocrazia, particolarmente lenta, sta mettendo un po' i bastoni tra le ruote alla società del presidente Aulas, che ha visto il proprio progetto approvato, salvo poi cadere un po' nel limbo. Gli ultimi report danno l'impianto in via di completamento per il 2013, comunque tre anni prima degli Europei transalpini.
L'altro Grand Stade è quello di Lille - che verrà ultimato nel luglio 2012 -, che però non sarà solamente della società calcistica. Una commistione fra pubblico e privato, con il LOSC che contribuirà in parte. Nell'impianto si potrà assistere anche a partite di rugby.
Uguale sorte per il nuovo stadio dell'OGC Nice, che sorgerà a Nizza, innovativo per la sua eco-concezione, 35 mila posti dove all'interno verrano celebrati concerti e grandi eventi. Lavori che termineranno a metà 2013, con all'interno anche un museo dello sport e quasi 1500 parcheggi.
Insomma, nessuna società francese, a parte due, avranno reali benefici dalla cosruzione di questi stadi, se non l'ammodernamento degli impianti già esistenti.
La storia degli investitori arabi è una questione di lana caprina, visto chi è stato il primo Presidente ad alzare i costi nella storia del calcio. Gli arabi stanno facendo quello che Berlusconi ha fatto qualche anno fa, tra elicotteri e calciatori. In ogni caso sono d'accordo con un'affermazione, fatta da Galliani: continuando così diventeremo degli outsider. Ma non certo per le ragioni elencate qui sopra.