Apuzzo: "Resto al Chievo, ma aspetto una panca"
"Con il ds Sartori c'è un accordo sulla parola: resterò anche l'anno prossimo col Chievo". A parlare a TMW è Ernesto Apuzzo, alla seconda stagione nel club clivense in qualità di osservatore. Un contributo sempre prezioso che ha portato in dote diversi giovani di belle speranze. Ed il premio è arrivato, con una meritata riconferma. "Con Sartori c'è un gran rapporto - esordisce Apuzzo -. Ovviamente, se avrò la possibilità di tornare ad allenare, potrò farlo. Ma restando sempre grato a questo club, forse tra i migliori al mondo per il rapporto spesa-rendimento. E poi c'è un'organizzazione perfetta, che cura i minimi dettagli, in cui tutti si muovono all'unisono. Anche grazie a questo, chiunque lavori nel Chievo ha acquisito un'evidente credibilità nei confronti di tutti gli altri addetti ai lavori. Alla lunga la serietà paga. A Sartori ho portato il mio personale elenco in cui ci sono tanti giovani che mi hanno davvero impressionato, come Leali, Lamanna, Falco, Iemmello, Germano, Carraro, Tachtsidis, Boakye e Obiang, solo per citarne alcuni".
Poi c'è il futuro, ed il sogno di poter svezzare personalmente tanti giovani, ripartendo da una panchina.
"Certo. Ma a monte ci deve essere serietà, a prescindere dalla categoria. Perché serietà ed onestà sono prerogative dalle quali non prescindo io. Un po' di competenza penso anche di averla maturata, ma per chi non è legato a determinati carri diventa sempre più difficile imporsi. E devo dire che qualcuno mi ha anche deluso dal punto di vista umano, ma lo accetto col sorriso sulla bocca. Certo, mi rendo conto che la realtà economica è complessa e penalizza anche il nostro calcio. Per questa ragione si fa sempre più fatica ad investire nel pallone".
Lei ha seguito in particolare il campionato di B e quello di Prima Divisione. Ritiene che l'ultimo torneo cadetto sia stato molto competitivo e livellato verso l'alto?
"Sicuramente. Almeno dieci squadre hanno lottato per i vertici e sono uscite fuori belle sorprese come Juve Stabia e Sassuolo. A loro bisogna fare i complimenti. Mi dispiace, come campano, per la retrocessione della Nocerina, ma sono molto contento a livello personale per Zeman. Lo ritengo un maestro di calcio e di vita. Ricordo ancora quando mi voleva a Licata in C1: l'anno precedente avevamo vinto il campionato di C2, io col Sorrento e lui con i siciliani, che allenava. In Lega Pro hanno vinto quei club che hanno saputo fare del connubio gioventù-esperienza una strategia efficace, un po' sulla falsariga del Portogruaro di alcuni anni fa. Quando si sceglie un manipolo di giovani bravi ed affamati, ed un nucleo di giocatori di categoria che possono fare da chioccia, i risultati arrivano più facilmente. Alla fine sono proprio i ragazzi che fanno la differenza tecnica in queste categorie. Così si spiegano la delusione Sorrento, che pure aveva speso tanto in estate, e le favole Lanciano e Pro Vercelli".
Lei a Sorrento è sempre ricordato con un particolare affetto: quanto è preoccupato per le ultime vicende societarie?
"Moltissimo. Io spero che si risolvano tutti i problemi e che al club possa essere garantita continuità. Per me il Sorrento è una questione d'amore, e so che anche i tifosi mi vogliono bene. E non nascondo il desiderio di riprendere, magari da allenatore, il discorso interrotto molti anni fa. Mi sentirei l'uomo ideale per guidare i rossoneri, anche per l'affetto che mi lega all'ambiente. A maggior ragione se si dovesse scegliere una linea giovane".
In ultimo: si discute spesso nell'ambiente calcistico della norma sul minutaggio. Cosa c'è da cambiare secondo lei?
"Il minutaggio con gli under si può fare scegliendo giovani bravi, che siano indicati dall'allenatore perché ne conosce realmente le caratteristiche. Ma quando diventa un obbligo si crea secondo me un effetto contrario, e ne fa le spese la qualità complessiva di questi campionati. Poi c'è una questione di età: io ho avuto modo di vedere quest'anno un esterno sinistro molto forte della Sarnese, Antonio Noto, del '91. Per me potrebbe già giocare in Lega Pro perché ha qualità eccellenti. Ma, se dovesse risultare troppo "vecchio" in base a certe normative, che si fa, lo si lascia a casa? E questo finisce per essere troppo spesso il destino che coinvolge tanti ragazzi che prima vedono l'oro, poi restano con un pugno di mosche in mano. Insomma, è una regola che va rivista".