Condò: "Il ruolo del ds torni primario"
"Oltre a Pavia e Pro Patria, che ho sentito in questi mesi e anche di recente, ho avuto contatti con Pistoiese, Acireale ed un club inglese che parteciperà alla Championship. Preferisco aspettare e valutare con attenzione". E' reduce da una stagione soddisfacente col Noto Gigi Condò, quest'anno consulente di mercato dei siciliani prima della separazione consumatasi qualche settimana fa. Il sogno per il dirigente reggino, comunque, resta sempre lo stesso: il ritorno nel professionismo, dopo l'esperienza col Neapolis di Mario Moxedano. "Chiaro che voglia cimentarmi di nuovo in questi campionati, sebbene alcune realtà di serie D propongano un'organizzazione da far invidia a tanti club di Lega Pro - esordisce Condò -. Poi credo di meritarlo dopo il lavoro fatto a Noto, in una società che mai nella sua storia era arrivata così in alto. Credo di aver costruito una squadra inferiore forse solo al Cosenza e gli ultimi risultati lo hanno dimostrato. Ci siamo fermati a quattro punti dai play-off, un obiettivo che avremmo potuto raggiungere tranquillamente. Io sono arrivato a metà agosto ed ho dovuto fare un lavoro di ricostruzione in tempi ristretti, mettendo su una rosa con un'età media di 22 anni con un investimento minimo. Non è stato facile, anche per via del cambio tecnico e di una preparazione atletica forse non eccellente. Poi, con l'arrivo di un nuovo preparatore, le cose sono visibilmente cambiate. Insomma, direi di aver lasciato la mia impronta nel rapporto qualità-prezzo".
Qual è stato allora il motivo di questa separazione?
"Diversità di programmi. Io avevo accettato la proposta del Noto perchè c'era un progetto vincente. Adesso mi sembra che si voglia fare un campionato tranquillo. E poi ho 34 anni: penso, come detto, di poter meritare un salto di categoria. In D un campionato l'ho già vinto col Neapolis. I risultati che lascio, comunque, sono sotto gli occhi di tutti. Ho portato i due bomber della categoria, Villa e Fontanella, autori di 38 reti in due. E poi l'esplosione di Ymeri, il centrocampista albanese convocato nell'Under 21: non era mai successo prima che un calciatore dilettante fosse convocato in una rappresentativa nazionale. Quindi la conferma di Gambi, un elemento già esperto, con più di 200 partite in C: ho creduto ancora in lui ed ha fatto la differenza. Poi penso a Misuraca ed Abija, rispettivamente un difensore ed un centrocampista del '93. Misuraca era corteggiato addirittura da Catania e Fiorentina. Quindi Tony Piazza, un portiere esperto che è risultato il migliore dell'intero girone. Molti di questi elementi che ho citato sono richiesti in Lega Pro".
Secondo lei, la griglia finale del campionato ha rispettato le previsioni della vigilia?
"L'Hinterreggio ha vinto il torneo perchè era una squadra molto forte, costruita sulla base di investimenti economici importanti. Stesso dicasi per il Cosenza che, non a caso, ha vinto i play-off. Tra i silani mi ha impressionato Fabio Salvino, un centrocampista del '93. Anche il Messina era un buon team, ma ha dovuto subire la mannaia di diversi problemi societari. Dei giallorossi, comunque, mi è piaciuto molto un giovanissimo difensore classe '92, Andrea Impagliazzo. Occhio pure a Daniele Arena, un attaccante classe '93 del Palazzolo, e a Gabriele Loccisano, un portiere del '93 che ha giocato con la Battipagliese ma è di proprietà della Nocerina. Questo è un numero uno dalla struttura fisica imponente".
La linea giovane, del resto, ha premiato anche in Lega Pro
"Certo. Perchè i giovani hanno corsa, fame e voglia di imporsi. E finiscono per fare realmente la differenza quando sono bravi. Se poi una squadra si completa con 4-5 elementi esperti e di categoria, allora il cerchio si chiude e il lavoro diventa perfetto. Il segreto sta nel mettere i tasselli giusti al posto giusto. Ma sia chiaro: può essere deleterio affidarsi al minutaggio solo per far cassa, quasi come un'imposizione derivante da un beneficio economico aggravata, magari, da una scarsa competenza sui giovani. A me tutto ciò non interesserebbe, io guardo esclusivamente all'aspetto tecnico. I ragazzi, anche se bravi, vanno inseriti in un contesto. E ciò vuol dire che vanno immessi in un'orchestra in cui siano davvero utili, valutando cioè le loro caratteristiche in base al gioco che propone l'allenatore ed all'amalgama con i compagni di squadra. Altrimenti rischiano di restare, sì, gioiellini preziosi, ma non luccicanti ed appetibili. Per restare al tema, Cremonese e Sorrento si sono affidati a giocatori magari sazi, pur riconoscendo, devo dire, che Brevi è un tecnico molto preparato. E non hanno raggiunto l'obiettivo, a beneficio delle sorprese Lanciano e Pro Vercelli. Insomma, in Prima Divisione è essenziale l'organizzazione, e poi la scelta dell'allenatore. Nella Ternana si è vista la mano di Toscano: quando una squadra porta in gol 12-13 elementi, lì è tangibile il lavoro tecnico-tattico di chi la guida. Toscano farà molto bene in carriera perchè è bravissimo. Stesso dicasi per Dionigi. Per Vigor Lamezia e Trapani si può fare un discorso simile: sono stati sempre nelle posizioni di vertice (i siciliani addirittura primi) e alla fine non hanno retto. Il Trapani non era comunque tagliato per vincere. Il progetto della Vigor invece mi piace: hanno un direttore sportivo, Fabrizio Maglia, molto bravo, ed un ottimo allenatore. Bisogna fare loro i complimenti perchè hanno fatto emergere tutto questo potenziale senza avere a disposizione un budget molto elevato. E' qui che si vede l'abilità di chi opera. Lì si punta sui giovani ed ho molto apprezzato l'intuito su Mancosu che l'anno precedente non aveva fatto benissimo".
Pare di capire che lei difficilmente si sposerebbe con un allenatore "manager"
"Intanto ritengo che il ruolo del direttore sportivo debba tornare quello che era ai tempi di Italo Allodi: un incarico operativo, praticato sul campo. Un ds deve monitorare molte partite, di tutte le categorie possibili. E, se c'è un giovane che piace, va rivisto almeno 4-5 volte. E, perchè no, anche in allenamento. Perchè è in settimana che si può apprezzare la naturalezza ed il talento di un ragazzo. Un giovane, se fa 50 giocate sopraffine in allenamento, ne farà almeno 2-3 in partita. Significa che ha la personalità giusta per arrivare ad alti livelli. Un baby che per me ha grandi prospettive è Pasquale Saccà, il centrale difensivo classe '92 del Portogruaro. Quest'anno non si è trovato benissimo lì ma, a mio parere, ha un potenziale enorme. Ha un grande fisico e ricorda molto Chiellini. Per rispondere alla domanda: logico che l'allenatore lo scelga io, così come i giocatori. Un tecnico mi indicherà chiaramente la propria idea di gioco e le caratteristiche dei calciatori che gli servono, ma la cernita poi la faccio io. Ovviamente se c'è intesa su qualche elemento, ben venga. Ma deve essere chiara la distinzione di ruoli. E bisogna instillare in tutti il concetto che un direttore sportivo è la longa manus della società nello spogliatoio. Altrimenti saltano tutti gli equilibri. Per questa ragione un ds deve avere carisma e personalità, ed ascendenza sul gruppo. Ed i presidenti devono tornare a confrontarsi con loro, sia per quanto riguarda quest'aspetto gestionale, sia per quanto riguarda le questioni tecniche. Non possiamo essere dei meri esecutori, circostanza che si è verificata troppo spesso nel calcio degli ultimi anni. Io ho lavorato molto bene con presidenti carismatici come Moxedano e Musso, eppure loro ricevevano pressioni da tanti addetti ai lavori. Dare fiducia al proprio ds è un atto di forza, non di debolezza. Io, nel frattempo, mi aggiorno perchè questo lavoro costituisce per me innanzitutto una passione. Infatti lo scorso Natale sono stato ad Amsterdam per visitare il settore giovanile dell'Ajax. Spero di fare lo stesso con quello del Benfica, che mi interessa molto".