Genoa, Preziosi: "I facinorosi sono il male del calcio, vadano in galera"

"Quest'anno non sono mai venuto nella conferenza stampa del dopo-partita, ora però ho dovuto farlo perché c'è bisogno di esprimere un po' di concetti importanti." Esordisce così Enrico Preziosi nella vulcanica conferenza tenuta dopo la disastrosa sconfitta del suo Genoa e soprattutto dopo gli sconvolgenti episodi causati da una frangia di facinorosi, che hanno impedito il normale svolgimento della partita. "C'è un fatto sportivo e soprattutto uno di ordine pubblico, di comportamento - prosegue Preziosi - Questi signori sono gli stessi che avevano garantito il loro apporto fino all'ultimo secondo. Capisco la delusione, ma non fino a questi punti. Sessanta o ottanta pseudotifosi, o delinquenti, perché se uno compie atti simili è un delinquente, si sono impadroniti di uno stadio intero, mettendo in pericolo l'incolumità dei presenti e spaventando tutti i bambini. Che cultura dobbiamo trasmettere a questi bambini? Non voglio fare di tutta l'erba un fascio, ma questo fatto la dice lunga sulla realtà del calcio." Il presidente è letteralmente un fiume in piena. "Non mi interessa avere un ruolo nello sport. Che senso ha? Qui a Genova abbiamo una grossa cultura del tifo, ma non dello sport. La sconfitta non viene accettata. Capisco gli insulti all'allenatore, all'altro che "era ancora peggio", ai giocatori o a me. Mi possono andare anche bene. Sono stati commessi degli errori e la protesta è del tutto giustificata. Ma è anche vero che non posso inginocchiarmi a piangere sotto la Nord dopo ogni partita.". Nella sala non vola una mosca e la voce del presidente tuona in tutto l'ambiente, quasi da sopperire al bisogno dei microfoni. "L'ignoranza di questa gente poteva portare anche a dei punti di penalizzazione, in caso di sospensione della partita. La stessa ignoranza che offusca la percezione dei loro comportamenti. Vadano in galera! Sono il male di Genova e del Genoa. Ora mi aspetto una risposta da parte della Polizia, perché le facce di questi facinorosi sono state tutte inquadrate. Non lo dico perché mi hanno insultato, ma perché hanno impedito con la violenza il regolare svolgimento di una manifestazione sportiva. Perché devo lavorare in questo mondo?".
Un Preziosi scosso, senza dubbio, ma che però non le manda a dire: "Di chi è il Genoa? Secondo quei sessanta o ottanta pseudotifosi è di loro proprietà. Questa gente incute timore. Viene sotto casa, a Pegli a schiaffeggiare i giocatori o allo stadio, addirittura umiliando i calciatori chiedendo loro le maglie. E intanto c'erano solamente dieci poliziotti. Pensano al bene del Genoa, dicono. Sanno tutto di tutti. E noi li accompagniamo con disagio e paura. Basta con questo permessimismo nei confronti di questa gente. Se saltava un timpano ad un bambino, di cosa parlavamo oggi? Deve scapparci il morto? Vengano pure da me, a spaccarmi la macchina o la testa. Non li temo." Parole dure, durissime, che vanno a rinfocolare la polemica della sicurezza degli stadi, oltre a quella sull'assente cultura sportiva nel calcio italiano. "Gli errori sportivi me li prendo tutti - prosegue Preziosi - e dopodiché cosa cambia? Siamo sicuri di non retrocedere. E, se andiamo a vedere, è meglio che arrivi la squalifica del campo così da allontanarci da questo ambiente: giocare qui è un problema. Il tifoso può fare tutto, ma non ricorrere all'uso della violenza.
Ogni volta che permettiamo l'uso della violenza, c'è qualcuno che dice che stiamo alimentando qualcosa di sbagliato. Se uno si permette di parlare, parte la minaccia: "Ti vengo a prendere sotto casa". Ma cosa? Finché ci sarà paura, questa gente sarà sempre prevaricante e allontanerà le persone per bene dallo stadio." E ancora: "Quando le cose vanno bene, quanti complimenti, quante pacche sulle spalle, quanti messaggi: il giorno dopo però sei un cretino. Io sono lo stesso di tre anni fa, nonostante gli errori. Questa gente è compagna delle ore liete. Noi abbiamo bisogno di chi ci sta vicino anche in questi momenti di difficoltà.