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L'esonerato che cammina: la differenza fra Di Matteo e Grant

L'esonerato che cammina: la differenza fra Di Matteo e GrantTUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
mercoledì 21 novembre 2012, 12:002012
di Andrea Losapio

Il 21 maggio del 2008 c'è probabilmente lo sliding doors più importante della storia del Chelsea. Terry sul dischetto, per il tiro che può sancire la vittoria dei Blues - la prima in Champions League - e l'iscrizione a un albo d'élite europea che in pochi possono vantare. Nessuno di questi a Londra.
La scivolata, inusuale quanto crudele, porta la sfera a battere contro il palo. Ci penserà poi Anelka a concludere la sciagurata serata di Avram Grant. La storia però si ripete quasi sempre e il calcio non fa eccezione: stavolta capita a Roberto Di Matteo, con il suo Chelsea, ad arrivare in finale con il Bayern Monaco. Sembra una finale già scritta, all'Allianz Arena, ma i rigori stavolta premiano Drogba e soci.
Conferma in pompa magna? Nossignore: l'ivoriano se ne va, e può anche essere una mossa giusta considerando lo stipendio e la carta d'identità. Chi non se ne va, ma rischia a ogni sospiro di vento è il tecnico, arrivato con Villas Boas e visto non propriamente di buon occhio per il suo calcio poco spettacolare. La conferma è più un atto dovuto che non un vero e proprio patto d'amore.
E dopo la sconfitta con la Juventus, quel 3-0 roboante di ieri sera, la mannaia è passata sulla testa di Di Matteo. Che avrà sicuramente una brillante carriera, magari in Italia, mentre lo stesso non lo si può assicurare per un Chelsea in caduta libera e che verrà riciclato - con ogni probabilità - in Europa League. I nomi si sprecano. Anche d'altro profilo, come Pep Guardiola (ma vuole dire addio al suo anno sabbatico?) oppure Avram Grant. Eccolo, di nuovo lui, il protagonista dello sliding doors. "L'esonerato che cammina", come dipinto il 20 maggio di quattro anni fa. Lo sarebbe anche stavolta, magari con una finale di Champions in meno.
E Benitez? Ipotesi affascinante, ma il credito che Rafa detiene nei confronti della Premier è ancora troppo alto per fargli accettare il ruolo di traghettatore. Più o meno come Harry Redknapp. A meno che la scelta non ricada Guardiola, insomma, sarà già "sacked man walking", palo o non palo.

Aggiornamento: pare che Guardiola abbia già rifiutato la panchina. Che potrebbe andare a Luis Enrique.