Quagliarella come Balotelli: Conte, perchè sempre io?
Why always me? Lo slogan, preso in prestito da un professionista della materia, è perfetto per descrivere la frustrazione di Fabio Quagliarella. Il professionista - di cui sopra - è Mario Balotelli e quella sua sua T-Shirt sfoggiata dopo un gol entrata già nella leggenda. Mario, a modo suo come sempre, in quell'occasione aveva voluto manifestare in maniera esplicita il suo disappunto verso i media che - parere suo - accentuavano con ricami menzogneri le sue bravate fuori dal campo. Fabio, un po' come Mario, è un tipo introverso, ma con un carattere meno forte ed una spiccata autostima. Niente magliette per l'attaccante bianconero, che manifesta comunque lancia però un forte segnale per uno status da precario che inizia davvero a stargli stretto.
Il minuto è il 57 della sfida di San Siro con il Milan. Quagliarella, con la Juve in grande difficoltà, è l'unico che prova a farsi vedere, cercando la giocata che possa ridestare i suoi dal torpore. Accanto a lui c'è un Vucinic evanescente e mai capace di incidere sulla gara. Eppure - ancora una volta - il tabellone luminoso del quarto uomo indica che ad uscire deve essere proprio il numero 27. Una storia non certo nuova per lui: è successo in tutte le 7 gare in cui la punta è partita da titolare in campionato. Proviamo per un attimo ad entrare nella testa di Quagliarella ed a schivare il fiume di pensieri che in quel momento, gli si sono rovesciati addosso quasi travolgendolo. "Perché ancora io Antonio? Eppure sono l'attaccante con la media gol migliore del campionato. Eppure, appena quattro giorni prima, ho sbloccato una gara fondamentale con il Chelsea. Perché sempre io?".
Pensieri, come detto, incontrollabili. La smorfia che lo accompagna fino ad incrociare Angelo Alessio - esecutore materiale della volontà del tecnico - è evidente, così come la voglia di manifestare al mondo questa sensazione di sofferenza. Parole sussurrate quelle di Fabio, quelle che non aveva ancora detto ma che, da tempo, aveva una maledetta voglia di dire. Quagliarella ora sta bene, è in forma e sa di poter dare un contributo importante. Vuole mettere alle spalle gli infortuni, e quegli insopportabili giorni passati nell'ombra della panchina. Non ha più voglia di fare l'attaccante part-time, di passare per l'attaccante geniale da utilizzare come jolly da pescare solo quando le carte dal mazzo iniziano a scarseggiare. Era stato zitto Fabio. Fino a domenica sera. Fino a quando, quel numero 27 uscito nuovamente alla lotteria dei richiamati in panchina gli ha fatto perdere la pazienza. "Why always me?", parafrasando quel saggio (?) di SuperMario. Un dubbio, al netto dei fatti, piuttosto legittimo.