Siena, c'è una stellina che splende
Una luce abbagliante, alla fine di un lungo tunnel, fatto di sacrifici, speranze attese e disattese, critiche, ma anche di grandi risultati, a volte insperati. Il Siena è lì, sta per buttarcisi dentro: vede la salvezza, vicina, sempre più vicina. Una Champions, per una squadra ripartita dal basso, rinnovata, cresciuta con la cultura del lavoro e scommesse vinte. Nel percorso, una Coppa Italia inseguita fino alla semifinale e abbandonata comunque a testa alta. La possibilità di raggiungere e superare il record di punti, 44, raggranellati nella miglior stagione bianconera da quando la piccola Robur ha messo piede nel calcio delle grandi. Otto partite da giocare, trentanove lunghezze in classifica, 32 reti subite, dietro solo a Juventus (17), Milan (26) e Udinese (29): questi i numeri con cui la squadra di Sannino può festeggiare una Pasqua felice, dopo la vittoria di Bergamo, primo successo nella storia in casa della Dea. Sannino, proprio lui. E' stata la prima scommessa di Mezzaroma e Perinetti. Il fatalista Beppe, che ha percorso vie tortuose per arrivare alla meta. Mai una scorciatoia, solo fatica e sudore: ciò che ha chiesto ai suoi ragazzi da quando ha messo piede sotto la torre del Mangia. Lui, self made man dal "fun cool" facile, ma capace di commuoversi di fronte a una giocata di uno dei suoi ragazzi "straordinari". Figli da amare, ma anche da sgridare, tanto che all'inizio - e mai nessuno lo ha negato - di scossoni ce ne sono stati. Di assestamento, però, per gettare basi solide, per il bene della Robur. E proprio per il bene della Robur ha compiuto ogni sua scelta. Decisioni difficili, talvolta azzardate, ma sempre ben ponderate. Gradite spesso no, anzi criticate. Parole al vento: eccolo lì esultare a Bergamo come un ragazzino. Un ragazzino di 54 anni che ha realizzato un sogno dopo una vita senza porsi mai l'obbligo di farlo, un tecnico che fino all'anno scorso amava definirsi "un istruttore-animatore di villaggio".
Il calcio, alla fine, è sempre lo stesso, che a tirare i calci al pallone siano dei ragazzi sotto il cielo di una discarica di Napoli, dove lui è cresciuto, che sia per le vie di Torino, dove, arrivato per il trasferimento del papà alla Fiat, lo chiamavano 'il ciabattino' ("abituarsi alle scarpe era difficile, meglio utilizzarle come pali per la porta"). Che sia all'Olimpico, al San Paolo o a San Siro. Così Sannino ha dato al Siena un'identità ben precisa. Compattezza, per non subire, velocità per ripartire. Corsa, corsa, corsa, per sfuggire al leone. La vittoria sull'Atalanta il riassunto della stagione: sofferenza in campo, spirito di sacrificio, rispetto per la maglia. Il mister ha mischiato le carte, costretto a fronteggiare assenze anche pesanti: Calaiò, che dopo un brutto crack al perone ha visto sgretolarsi la sua miglior stagione, Del Grosso, uomo simbolo di un Siena che stringe i denti, resiste alle critiche e agli affanni e butta in campo il cuore, Brienza, fantasia incatenata alla dedizione e all'equilibrio, a maggior ragione oro colato. Ha creduto in Grossi, Sannino, ha gettato nella mischia Larrondo dopo averlo aspettato tanto. E ha fatto crescere Mattia Destro, il campioncino della Robur, la stellina che tutti seguono e inseguono sperando di raggiungerla. Lo ha spronato, con il bastone, e poi con la carota, un urlo a squarciagola o una carezza a seconda del momento. E al 92' di Atalanta-Siena, quando la partita sembrava già finita e l'azzurrino ha dato prova delle sue migliori qualità, tecnica, velocità, forza fisica e freddezza, l'esplosione di gioia. Un gol stratosferico per deliziare il suo mister, la Robur e i tifosi bianconeri, e il ct Ferrara seduto in tribuna. Destro ha vinto su tutti i fronti, anche quello della personalità e del sacrificio, il duello con il collega Gabbiadini. Che, sostituito, ha guardato in panchina l'ottava rete in campionato del numero 22 bianconero. Un ragazzo maturo, con la testa sulle spalle, dal carattere buono e tanti sogni nel cassetto. Proprio su Destro, sicuramente con qualche rimpianto, si accenderanno mercoledì le luci di San Siro. Su di lui e su tutti i bianconeri, nessuno, nessuno escluso: "Non sarà una squadra di fenomeni, ma una squadra fenomenale", ci scusi Perinetti, per avergli rubato la frase.