Atalanta, viaggio all'interno di una crisi. Con vista salvezza
Più quattro sulla zona salvezza. Fosse un'altra squadra, potrebbe sentirsi quasi tranquilla. Invece la situazione pesa all'Atalanta come non potrebbe mai sembrare. Per un motivo: questo era l'anno della rivoluzione, dell'asticella alzata, della speranza di raggiungere le prime cinque/sei posizioni. Con un mercato comunque ambizioso, perché Biava sarebbe stato il perno difensivo della Lazio - è arrivato De Vrij, non male come ricambio - Zappacosta era uno dei migliori giovani della B, e si è confermato come tale, Carmona e Cigarini trattenuti nonostante le richieste delle big, un Baselli pronto a esplodere, Boakye e Bianchi come aggiunte al solito Denis. Poi, certo, la cessione di Consigli e Bonaventura: ma se da una parte c'era il punto di domanda Sportiello, risolto alla grande, era poi arrivato Alejandro Gomez. Insomma, voto ampiamente sufficiente, almeno ai nastri di partenza della stagione.
Lasciando perdere le situazioni che si sono poi sviluppate, c'è da pensare che Zappacosta era partito come terzino e poi è stato riciclato a esterno di centrocampo, Estigarribia si è infortunato, Gomez a sinistra non era più abituato a coprire: eppure in conferenza di presentazione, per il Papu, si parlava già di un cambio di ruolo, nel centrocampo a quattro, praticamente assorbito. Già fatto. Invece l'ex Catania era da anni che si destreggiava, molto bene, in un 4-3-3: e poi, con la questione ucraina, ci sono stati dei bei problemi anche per la sua forma fisica.
Quali sono stati gli errori della società, al netto di una classifica deficitaria? A posteriori Dramé non è giocatore di livello, la difesa comunque ha delle buone alternative e spesso non ha preso gol. Ma non ha segnato, e neanche creato più di tanto. Spesso si è preferito non prenderle, alla ricerca di un equilibrio complicato, soprattutto dopo gli infortuni di Estigarribia e Raimondi. Cigarini e Carmona appaiono svuotati, Baselli sempre insicuro: il centrocampo è la vera delusione dell'annata, anche sulle ali. D'Alessandro, pagato fior di milioni, non ha avuto troppe opportunità. E non ha mai giocato una partita per intero. Verso Denis c'è un debito (pure giusto) di riconoscenza, peccato che lui sia in debito di ossigeno da inizio stagione.
A gennaio è stato preso Pinilla, invece di una seconda punta (Diamanti?) qualora ci fosse l'intenzione di riconfermare l'argentino.
E nei quadri dirigenziali? Reja appare una grossa vittoria di Marino, dopo qualche scintilla di troppo con Colantuono, ma il dirigente sembrava ridimensionato dopo l'estate scorsa, quando era arrivato Sartori. Ruoli pressoché identici, perché? Troppi galli in un pollaio, soprattutto in una società piccola, rischiano di fare danni. Con lui è arrivato pure Costanzi, per lo scouting all'estero: Kessie e Kresic sono suoi investimenti, e chissà che qualcuno non possa dare un dividendo importante, ma non sono ancora pronti per la Serie A. Per l'Atalanta ci sono Luca Percassi, Pierpaolo Marino, Giovanni Sartori, il tramite Gabriele Zamagna (fra settore giovanile e prima squadra), Mino Favini, Maurizio Costanzi, Giancarlo Finardi. Infine Beppe Corti. Un po' troppi.
Una rosa infinita, tantissime alternative, troppi moduli tentati. Un rapporto con i senatori non proprio idilliaco. Tutti problemi che Colantuono ha dovuto fronteggiare, senza trasmettere quella grinta che negli anni passati era riuscito a infondere. Più volte ha rischiato l'esonero, ma che senso aveva prolungare il contratto fino al 2017, l'estate scorsa? E, già che ci siamo con gli accordi kilometri, il quinquennale a Marino? Nel calcio sarebbe bello avere un Ferguson, ma per sette anni ha rischiato l'addio e, prima di vincere il suo primo trofeo, sembrava un dead man walking.
In tutto questo l'Atalanta ha ancora quattro punti di vantaggio. Non è mai stata negli ultimi tre della classifica, non perde da due giornate (e non vince neanche), non prende gol. E con la Sampdoria ha dominato per sessanta minuti, prima di incominciare a vacillare sui contropiede portati da Okaka, Muriel ed Eto'o. Reja avrà un po di tempo, dopo Napoli, per tarare bene la squadra: e il prossimo turno non è poi così impervio, perché i nerazzurri incontreranno sì i partenopei, ma il Cagliari giocherà con il Milan, a San Siro, e il Cesena affronterà una Roma arrabbiata. Poi Torino e Sassuolo in casa daranno l'esatta dimensione della compagine di Reja.