Aubameyang, da scarto del Milan a cannoniere. Sempre
Pierre Emerick Aubameyang, da ragazzino, era considerato come il fratello minore di Willy. Ora è il contrario. Però quasi una decina di anni fa, quando l'attuale attaccante del Borussia Dortmund giocava, senza infamia e senza lode, nelle giovanili milaniste, Willy decideva un Trofeo Berlusconi, facendo crescere enormemente le aspettative su di sé. Niente Supercoppa Europea con il Siviglia - quella del dopo Puerta - niente Mondiale per Club poi vinto. Ma il ventenne Willy sembrava pronto a fare il salto, quello dalla Primavera alla Serie A. Peccato che i prestiti ad Avellino, Eupen - in prima divisione belga - e Monza non abbiano portato granché bene. Anzi. Gol pochi, trasferimenti molti, finendo poi a fare l'ombra di Pierre Emerick.
In questo momento è forse l'attaccante più in forma d'Europa, certamente il più continuo. Perché in sette gare di Bundesliga ha siglato nove gol, firmando una bella doppietta anche nell'ultima gara con il Darmstadt. Tre penalty, va detto, e un fiuto della rete decisamente accresciuto rispetto a quello mostrato nei primi due anni di Germania. Vero è che sia finito in doppia cifra in entrambe le stagioni, con tredici e sedici realizzazioni, ma visto l'inizio di annata questo dovrebbe essere l'anno della svolta. Certo, c'è da distinguere il sottile confine fra la sfortuna e il mancato occhio: facile imputare, a oramai otto anni di distanza, alla dirigenza rossonera la miopia nel caso di Pierre Emerick. Perché per un calciatore andato via e cresciuto esponenzialmente ce ne sono almeno tre o quattro finiti nel dimenticatoio. A meno che non si chiamino Aubameyang, tutti passati nel Milan: ma lì il cognome lo devono solo a chi segna sempre nel Borussia Dortmund.