Osvaldo nì: pro e contro per il ritorno in Italia
Pablo Daniel Osvaldo vuole tornare in Italia. Dopo qualche mese di Inter, qualche mese di Juventus, qualche mese di Southampton, due anni di Roma e tante, troppe incomprensioni. Dalle liti con Zeman in poi, dalla gazzarra in allenamento con José Fonte per finire al litigio - stavolta a favore di telecamere - con Icardi, reo di non avergli passato un pallone. È proprio il comportamento dell'attaccante italoargentino a preoccupare chi è interessato a riportarlo nel Belpaese: Osvaldo deve essere la prima punta, al centro dell'attenzione, altrimenti rischia di essere continuamente in difficoltà. Nella Juventus si è sì integrato bene, ma i bianconeri erano già una macchina oliata in grado di camminare con le proprie gambe. E poi era passato dai Saints a una squadra più blasonata, e più forte.
Senza essere in grado di incidere più di tanto. Perché tre gol in diciotto partite sono un bottino magro per chi era abituato a essere praticamente sempre in doppia cifra.
Con il Boca la situazione è migliorata, perché in Argentina le reti sono state sette, che si vanno ad aggiungere ai sette (cinque in campionato, due in Europa League) dell'esperienza meneghina, terminata dopo qualche mesetto.
Il pro è quello di portarsi a casa un giocatore di livello indiscusso, con un buon fiuto del gol e fisicamente integro, sulla soglia dei trent'anni e teoricamente al massimo della propria maturazione tecnica. Osvaldo è costato molto ai Saints, sia in termini economici sia quelli puramente etici: con un prestito con diritto di riscatto (anche basso) e un ingaggio tendente al ribasso potrebbe pure essere una buona opportunità per una società di medio alta fascia. A patto che metta la testa (di nuovo) a posto.