Serbia, quando il talento non basta. Europeo lontanissimo
Stojkovic; Basta, Ivanovic, Nastasic, Kolarov; Petrovic, Matic; Markovic, Ljajic, Tadic; Mitrovic. La Serbia ieri sera al cospetto del Portogallo s'è presentata così, con un 4-2-3-1 che leggendo i nomi dei singoli giocatori sembra seriamente competitivo non solo per la qualificazione al prossimo Europeo, ma anche per recitare un ruolo da protagonista tra un anno in Francia. Difesa solida e di spessore internazionale, diga di centrocampo di tutto rispetto e una trequarti talentuosa a supporto di un centravanti pronto a dettare legge in Europa per i prossimi dieci anni, quel Mirtrovic che a soli 20 anni fa già gola a club come Roma e Arsenal.
Letta così la squadra serba sembra una corazzata. Peccato, però, che i singoli non sempre facciano una squadra e che questo team è ormai lontano dalla qualificazione al prossimo Europeo. Un solo punto conquistato in quattro partite sono bottino troppo magro anche per sperare in un terzo posto che dista sei lunghezze e vede davanti due squadre come Danimarca e Albania che sicuramente non hanno il talento dei serbi, ma possono contare su un'organizzazione invidiabile. Pesa in classifica la penalizzazione dell'UEFA dopo gli scontri di Belgrado che portarono alla sconfitta a tavolino dell'Albania per 3-0, ma anche a un meno tre per la Serbia. Pesa, però, soprattutto l'organizzazione praticamente nulla di un gruppo che è tutto fuorché una squadra.
Ieri la sconfitta contro il Portogallo è apparsa ben più netta rispetto a quanto non abbia detto il 2-1 finale.
La Serbia infatti è rientrata in gara per qualche secondo solo grazie a una magia di Matic, ma ha subito in lungo e in largo le scorribande dei padroni di casa che hanno controllato tutta la gara. Gli ospiti hanno messo in mostra una grave disorganizzazione e soprattutto sui piazzati tutti i limiti mostrati anche contro Armenia e Danimarca.
"Per noi è un momento difficile. Cambiare allenatore ogni sei mesi non è semplice", dirà Kolarov al termine della partita. Una sentenza tutt'altro che banale perché i problemi provengono soprattutto dall'alto, da una Federazione che in un anno abbondante ha già cambiato tre ct.
Dopo l'addio di Mihajlovic, infatti, si sono succeduti in rapida successione Drulovic, Advocaat e Curcic, l'attuale ct. Ognuno con le sue idee, ognuno col suo gioco. Una confusione che non aiuta la Serbia, ormai lontanissima dalla qualificazione al prossimo Europeo nonostante un talento complessivo che ha pochi eguali nel vecchio Continente.