Niang, un talento inespresso rimasto fermo al palo del Camp Nou
Cosa sarebbe successo se M'Baye Niang avesse segnato contro il Barcellona, invece di colpire un clamoroso palo in quel fatidico 12 marzo 2013? A questa domanda nessuno potrà rispondere. Forse, un epilogo diverso avrebbe potuto modificare radicalmente la linea temporale, fino a regalargli una carriera da stella di prima grandezza.
Al di là delle elucubrazioni figlie della passione per Ritorno al Futuro, è chiaro che siamo di fronte al classico caso di promessa non mantenuta. Quando arrivò al Milan, nel 2012, Niang era un giovane - ancora minorenne - di belle speranze, uno dei prospetti migliori della sua generazione: forte fisicamente, veloce, abile nell'uno contro uno. Nella prima stagione con la maglia del Diavolo non destò una cattiva impressione, anche se i suoi numeri in fase realizzativa furono impietosi: 1 rete in 24 presenze, in Coppa Italia.
Nel gennaio 2014 arriva il primo prestito, al Montpellier: 4 reti in 19 partite, che non gli valsero la fiducia di Pippo Inzaghi nel campionato successivo. Altro giro, altra cessione, al Genoa, dove Niang viene rimesso completamente a nuovo dalla cura Gasperini e torna a Milanello con grandi aspettative da parte di tutti. L'inizio della stagione 2015-16, con Mihajlovic in panchina, è incoraggiante, ma a febbraio un incidente automobilistico lo mette fuori dai giochi, proprio quando sembrava fosse vicino alla piena maturazione e consacrazione. È un'altra svolta negativa: Vincenzo Montella gli concede diverse possibilità, lui le sfrutta male (fatale soprattutto il rigore fallito contro la Roma); arriva così l'ennesimo saluto al Milan, stavolta per trasferirsi al Watford, ma anche in Premier League Niang non riesce a trovare la giusta continuità di rendimento. Adesso i bonus sono davvero finiti, e il club rossonero sta cercando di vendere l'ormai ex enfant prodige al miglior offerente. Magari al Torino, guidato da quel Sinisa Mihajlovic che è stato l'allenatore più importante nella sua breve carriera.