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M. Benassi: "Qualità in ribasso per colpa di regole errate"

ESCLUSIVA TMW - M. Benassi: "Qualità in ribasso per colpa di regole errate" TUTTO mercato WEB
© foto di Luca Marchesini/TuttoLegaPro.com
lunedì 23 luglio 2018, 18:122018
di Stefano Sica

Mai pensare che sia finita fin quando le forze sono intatte e lo spirito granitico. E' la filosofia di Massimiliano Benassi, portiere con una esperienza lunghissima tra i professionisti (a novembre compierà 37 anni) e che è riuscito a superare brillantemente un infortunio che lo aveva messo ai box nella sua parentesi alla Casertana. I 60 minuti disputati ieri al Centro Tecnico Federale di Coverciano con la Rappresentativa AIC, opposta all'Equipe Campania, lo hanno ampiamente dimostrato. Si guarda ad un futuro da tecnico - come tutti i calciatori di stanza a Coverciano in questi giorni - ma non si rinuncia al presente. "Siamo venuti qui con un duplice obiettivo: conseguire l'abilitazione ad allenatori di base Uefa B e lavorare sodo con la speranza di trovare squadra - dice Benassi ai microfoni di TuttoMercatoWeb -. Poi conosciamo bene la realtà, che sappiamo essere complicata. Basti vedere anche la qualità degli atleti che compongono le altre due rappresentative AIC Coverciano. Certe regole ci hanno penalizzati. Bisognerebbe tornare alle epoche in cui un giovane fondamentalmente giocava solo se era bravo. Un ragazzo migliora soltanto se lo si allena per elevarne gli aspetti tecnici, non facendolo giocare forzosamente. Invece spesso le società gli fanno sottoscrivere magari tre anni di contratto sottopagandolo. Alcuni non riescono a sfruttare questa possibilità e hanno già il destino segnato. Il risultato è che si abbassa la qualità generale ed a casa restano tanti giocatori che hanno ancora la voglia e la possibilità di proporsi a certi livelli. La gente neanche si diverte più e gli stadi iniziano a svuotarsi. A me, come a tanti colleghi, la cosa che dà più fastidio è essere quasi costretti a smettere di giocare, quando dovremmo essere noi, e non le regole, a deciderlo. Diciamo la verità: già in C c'è ormai poco di professionismo. Ed è lo stesso rischio che corre la serie B tra qualche anno. E' un discorso che parte dalle strutture e coinvolge gli aspetti di campo".

L'inserimento delle squadre B è forse uno degli aspetti di questo problema.
"Mi sembra una regola per la serie A e non per la C. Non so chi possa pensare il contrario. I problemi non credo si risolvano così".

L'ultima a Caserta è stata per te un'annata particolare...
"Ero venuto con Scazzola e dopo alcune partite è stato mandato via. Poi mi sono infortunato a dicembre. Tuttavia sono stato bene a Caserta. Siamo partiti così così in campionato perché abbiamo svolto un ritiro particolare, con tanti giocatori che venivano in prova. Le squadre si compongono prima e bisognerebbe iniziare a lavorare sempre con una rosa fatta almeno all'80%. Un tempo era così. Quando ci sono troppi calciatori in prova, non si allenano bene nè loro nè quelli che già stanno in organico. Per un tecnico diventa difficile provare degli schemi quando sa che molti di quei giocatori non resteranno mai".

Come immagini il tuo futuro?
"Spero che qualcosa possa muoversi ma sono consapevole che, per ruolo ed età, diventa sempre più difficile. Molte società magari ti chiamano solo per fare da chioccia ai più giovani. Ci può anche stare, però vorrei anche un po' giocare altrimenti prima o poi lo spirito lo si abbandona...".

Secondo te il momento di crisi che vive il calcio italiano ha coinvolto anche il ruolo del portiere?
"Gente come Buffon ne esce ogni 30-40 anni. E poi c'è un altro problema a monte: molte società puntano su portieri stranieri. Vanno ormai di moda. Fino ad alcuni anni fa, invece, la nostra scuola presentava numeri uno tra i più forti in Europa. Ogni anno si dice che si deve cambiare tanto, che bisogna ispirarsi a determinati modelli virtuosi. Tutte sciocchezze, a mio avviso. Gli unici modelli sono quelli di un tempo, quando i ragazzi giocavano in mezzo alla strada, gli allenatori stavano qualche ora in più sui campi, i direttori sportivi visionavano i calciatori e non li sceglievano su internet, e i presidenti non uscivano dal loro ruolo. Un freno bisogna metterlo altrimenti si fa la fine di questo Paese che su certi aspetti sta andando a rotoli".

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