Non è più così Speciale
José Mourinho, nel bene o nel male. Stavolta, nel male. Nel fallimento senza lacrime, sguardo cupo e borracce a terra. Tre dita al cielo, Triplete in faccia alla Juventus che gode del presente e scorda quel passato a cui il portoghese s'aggrappa. Per sentirsi ancora Speciale, per non restare solo patina. Per essere sostanza, tre dita e tre unghie, per non cadere da quell'Olimpo a cui era abituato e dov'era cittadino se non sindaco. José Mourinho forse è diventato Normale, forse ha perso solo il passo col tempo. Col suo orologio, ha fermato le notti e i sogni di milioni di tifosi. In Portogallo, sulle rive del Douro. A Milano, tre rintocchi in un anno, prima di un addio in una notte. Doveva essere il nuovo Sir Alex Ferguson, voleva esserlo.
Aprire un'era e metter tende, scrivere col pennello sulle mura di Old Trafford il suo nome a imperitura e milionaria memoria. Invece non c'è riuscito, ha perso il timbro e pure il marchio. Il Mourinhismo era parcheggiare il bus, vivere in trincea. Il coltello tra i denti, le manette e le provocazioni. Solo che erano schermo, non solo scherno. Erano un'arma per arrivare all'obiettivo, non per uscire per quattro volte di fila alle semifinali di Champions, finire poi contro lo scoglio degli ottavi e accontentarsi di un'Europa League. José Mourinho è l'uomo forte di un'era che forse è stata. Ha il nome impresso nella storia del calcio ma il presente, questo presente, perché del futuro non v'è certezza e uno come lui può essere ben più Fenice che finito, non è più suo. Ha avuto un mercato milionario e ha fallito. Ha rotto con quelli che potevano e dovevano essere i suoi pretoriani, le sue stelle, finite nel buco nero di uno sprofondo rosso. Nel bene o nel male, José Mourinho.