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Juve-Inter e altri deliri: ecco che fine fanno Allegri e Icardi (e c’è un altro nome caldo per i nerazzurri). Milan: il futuro di Mirabelli e "i 3 rifinanziamenti". Più appoggi concreti e meno politica: così si aiuta il Napoli

Juve-Inter e altri deliri: ecco che fine fanno Allegri e Icardi (e c’è un altro nome caldo per i nerazzurri). Milan: il futuro di Mirabelli e "i 3 rifinanziamenti". Più appoggi concreti e meno politica: così si aiuta il NapoliTUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
martedì 1 maggio 2018, 18:002018
di Fabrizio Biasin

Eccoci. Una volta c’era il Colosseo. Al Colosseo andavi, urlavi “a morte questo, a morte quello”, quindi tornavi a casa bello sereno e mangiavi l’abbacchio o l’uva. Poi il Colosseo è andato fuori moda. Per 2000 anni la gente è stata costretta a sfogarsi a casa sua o al bar, diceva troiate e cattiverie assortite, minacciava di morte anche il prevosto ma con la sicurezza che solo i parenti stretti “avrebbero saputo” e detto cose tipo “ma sei scemo?”. Oggi è tornato il Colosseo, virtuale, ma pur sempre Colosseo: la gente naviga e dice le sue puttanate, si sfoga, chiede la testa di questo o quell’altro, litiga con sconosciuti, dice “tua mamma maiala”, altro.
La storia del Colosseo devo averla già scritta - probabilmente mi sto rincoglionendo – ma è significativa per mettere in risalto quello che sta accadendo a tre giorni da Inter-Juve, partita tesa. Dalle 22.45 di sabato c’è in giro di tutto, soprattutto del sano “odio reciproco” motivato da una direzione arbitrale che in maniera elegante potremmo definire “sballata”. Il proliferare di cattiverie social non è giustificato dalla direzione mediocre del sciur Orsato, né ha ragione di esistere l’odio barbaro di chi vorrebbe fare la pelle a Santon Davide, terzino scellerato, ma tant’è: siamo nell’epoca del moderno Colosseo e ci tocca vedere e leggere qualunque nefandezza, purché carica di bestemmioni da competizione o ipotesi di complotto. A nessuno in definitiva frega della partita in sé, del fatto che sia stata assai bella, coinvolgente, carica di emozioni. Nessuno celebrerà un’Inter che in 10 ha fatto meraviglie, ma tutti si ricorderanno che “il fratello, anzi no, il cugino, anzi no il fratello del cugino di Orsato è juventino”; oppure di Tagliavento che dice “nel recupero la vinciamo”, anzi no, “quanto recupero facciamo”, anzi no, “ho ucciso io Laura Palmer”; oppure del sindaco De Magistris che deve aver pensato “posso ricavare del consenso da questa situazione? Si? E allora sotto con il post acchiappa-consensi”. Insomma, la teoria del complotto è in definitiva più importante dell’Inter che gioca una gran partita e questo perché – giustamente – il risultato cambia le prospettive e la moderna comunicazione le amplifica.
E veniamo al punto. L’arbitro Daniele Orsato esce dal prato di San Siro e viene massacrato dagli insulti non tanto a causa dall’espulsione di Vecino (giusta, anche se arrivata “solo” con il Var), né per il risultato del match del Meazza (i tifosi nerazzurri lo avrebbero ritenuto pessimo anche in caso di successo), quanto semmai per l’intera gestione di Inter-Juve 2-3. Una partita con 80mila spettatori sugli spalti, milioni in tv e con in palio parecchi quattrini (quelli della qualificazione alla prossima Champions) e “titoli” (lo scudetto) non doveva essere diretta da chi dal primo secondo del match ha deciso di mettere se stesso davanti ai giocatori, neanche fosse “Vasco Rossi in tour”.
Orsato è un arbitro “capace” con il problema del cattivo carattere, la scarsa volontà di dialogare, la clamorosa tendenza a ricercare i riflettori in nome del “decido io che sono il sciur padrun della partita”. Tutto questo va contro la regola non scritta che individua nell’arbitro perfetto quello che “non si vede”. Gli errori tecnici ai danni dell’Inter ma anche della Juventus, la scelta di punire alcune entrate ma non altre molto simili e, in generale, l’incapacità di gestire una partita così importante, faranno passare alla storia Inter-Juve 2-3 non per la bella partita che in effetti è stata, ma per le infinite polemiche che si porta dietro.
Morale della favola: gli arbitri non sono delle rockstar, se pensano di non poter accettare questa triste condizione di uomini fischiettanti, ci facciano un piacere: scelgano passatempi alternativi.
Il resto è un contorno di effetti collaterali da “delirio social” e pissi-pissi da quinta elementare. Fateci caso: l’Inter nel post-gara, tramite la voce di Zhang Junior, dice “non parleremo di arbitri, andiamo avanti per la nostra strada”, salvo poi lasciare all’ad Antonello l’incombenza di una replica (“siamo arrabbiatissimi”) per compiacere i tanti che pretendevano una presa di posizione. La Juve finge di fregarsene di tutto e tutti, ma prima lascia che vengano mostrate le foto del piede ferito di Mandzukic, poi sembra scomparire del tutto, se non fosse che a un bel punto tu, utente, vai sui siti sportivi e tutti riportano il pezzo “rabbia Juve: ecco quello che pensa - in maniera non ufficiale - il club bianconero di quanto accaduto a San Siro!”, che è un po’ come quando alle elementari dicevi al tuo amico “dì a Franceschina che mi piace tanto”, lui lo diceva a Franceschina, Franceschina lo sapeva ma tu non ti eri sputtanato direttamente. La chiameremo “tecnica delle elementari”. Peggio della tecnica delle elementari c’è solo la “tecnica dell’asilo”. La tecnica dell’asilo è stata sapientemente utilizzata dalla classe arbitrale, che (anche in questo caso) in maniera non ufficiale ha fatto sapere “agli amici degli amici” i motivi che hanno portato Orsato a trasformare il giallo in rosso. Dunque, vediamo se abbiamo capito: non è l’addetto al Var che in auricolare ha detto “ué Orsà, vedi che quello è più rosso che giallo! Esci l’espulsione!”, ma sarebbe lo stesso Orsato che alla vista del calzettone insanguinato avrebbe detto “oddio il sangue! In nome della giustizia terrena procediamo con il cambio del cartellino!”.

Questa seconda ricostruzione è un filo più visionaria, ma a differenza della prima non entra in contrasto con il regolamento Var e, quindi, si proceda con la diffusione della teoria “Orsato ha visto il sangue e si è redento!”.
Tutte queste cose (i comunicati e le dichiarazioni “postume”, le prese di posizione non ufficiali, le versioni accomodate che sistemano i pastrocchi) sono tutte figlie di due problemi di base: 1) gli arbitri (non tutti, ma molti) sono parecchio permalosi. 2) Il fatto che gli venga impedito di parlare non solo va contro alcuni princìpi fondamentali della Costituzione italiana, ma impedisce loro di spiegarsi, motivare, evitare l’utilizzo infantile della “tecnica delle elementari” e di quella dell’asilo, ormai cadute in disuso al punto che certi bambini se vogliono conoscere Franceschina passano direttamente al contatto tramite "storia su Instagram". E direi che quanto a Inter-Juve possiamo chiuderla qui.
Parliamo degli effetti di Inter-Juve, piuttosto.
1) I nerazzurri a meno di miracoli dicono addio alla Champions. Significa che Icardi andrà certamente via? Questo è il pensiero di molti, gli stessi che tra l’altro lo avevano già venduto 4 o 5 volte negli ultimi due anni e neppure dopo sabato si sono accorti di quanto Icardi tenga davvero a essere il capitano dell’Inter. Icardi andrà via solo e soltanto se la società non mostrerà interesse nel trattenerlo e nel voler costruire una rosa che finalmente non debba “provare ad andare in Champions”, ma ci vada per capacità manifesta. De Vrij, Lautaro Martinez, Asamoah sono i primi tasselli, Ilicic è un altro nome che interessa ai nerazzurri, il resto lo scopriremo solo a campionato chiuso e, soprattutto, a morsa Uefa allentata (40 milioni da “produrre” entro il 30 giugno).
2) La Juve a meno di imprevisti vincerà il suo settimo scudetto consecutivo. Per una settimana abbiamo celebrato la sua morte, oggi siamo qui a dire “non muore mai!”: siamo straordinari. Il probabile successo bianconero non cambierà il destino di Allegri, destinato a lasciare la panca che lo ha elevato a tecnico di primissima fascia.
3) La stessa sorte di Allegri (massacrato per sette giorni) tocca ora a Sarri: una settimana fa era il nuovo Messia, oggi un povero pirla “che non sa vincere”. A Firenze il Napoli non è praticamente sceso in campo, è stato troppo brutto per essere vero. I limiti legati alla condizione sommati a un fisiologico calo di tensione sono venuti a galla e hanno portato al primo ko in trasferta dopo un paio di ere geologiche. Questa squadra merita solo applausi e, a prescindere da come finirà, pieno supporto da parte del suo presidente: è la costanza che porta ai successi, di sicuro non lo farà la prosopopea di chi ha sfruttato il momento per fare propaganda politica.
4) Inter-Juve non ha effetti sul Milan, ma avrà sicuramente catturato l’attenzione di Gattuso. Il suo “se giochiamo come a Bologna la Coppa Italia non la vinciamo” fa capire come Ringhio abbia già fatto partire il suo piano verso la finale. Il resto è “cosa accadrà a Mirabelli”, ovvero il continuo inseguirsi di pettegolezzi legati al futuro del ds che, come troppo spesso accade quando si parla delle cose di casa Milan, hanno risibile consistenza. Mirabelli resterà al suo posto, Berlusconi non ricomprerà il club (non stupisce Silvione "che dice la sua", stupisce chi ci crede). Per quanto riguarda il rifinanziamento, invece, sul tavolo restano "vive" 3 opzioni: la proprietà confida di riuscire a completare l'operazione in autonomia o con un socio di minoranza. Totale: il Diavolo esisterà anche la prossima stagione anche se qualcuno continuerà a dirvi che “finirà tutto malissimo, me l’ha detto un mio cugino cinese”.
Fine. Molti si domandano “riuscirà la Roma a realizzare l’impresa-bis in Champions?”. Noi mica lo sappiamo, ma davvero glielo auguriamo. E, soprattutto, auguriamo a Roma-città una serata con meno teste di cazzo del genere “sfruttiamo la partita per fare casino” (Twitter: @FBiasin).