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L'inizio dell'Allegrismo. Dove giocano i campioni e conta non prenderle

L'inizio dell'Allegrismo. Dove giocano i campioni e conta non prenderleTUTTO mercato WEB
© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport
mercoledì 12 dicembre 2018, 12:002018
di Marco Conterio
fonte dal nostro inviato a Berna

Servirà coniare un termine appropriato per definire quel che Massimiliano Allegri da Livorno sta facendo a Torino. L'Allegrismo, per banalità e convenienza. La gestione che appare spensierata ma che ha durezza e piglio, carattere ed energia. Un gioco ricco d'attacco e attaccanti ma che, linee corte e compatte, è in un podio a forte connotazione italiana. D'altra parte guida un uomo che è, una filosofia. Diego Pablo Simeone, Cholo e Cholista, inventore del Cholismo. Il tecnico dell'Atletico Madrid ha tenuto inviolata la sua porta in Champions League per il 54% delle gare in cui ha allenato. Un fortino, il suo modo è più che un metodo. E' una squadra di corsa e garra, che nell'immaginario comune fa pure rima con difensivismo e con Maginot. Dietro c'è uno come Fabio Capello, che col 48% rispecchia a pieno la sua filosofia non certo arrembante ma viceversa vincente. Poi Allegri.

Con il 46% è il terzo meno perforato della storia della Champions League, se considerati i tecnici con almeno 50 gare allenate. L'Allegrismo passa pure da qui. Da un termine banale e conveniente ma da un risultato non certo scontato. Perché Cristiano Ronaldo, Dybala, Mandzukic, Douglas Costa tutti insieme, non fanno certo rima con barricata. E non lo faceva in passato Higuain, non lo fa oggi Bernardeschi interno o Cuadrado terzino. Eppure c'è anche questo, nel suo nuovo metodo. Che non è niente di diverso dal passato se non il ribaltamento di un antico adagio. Primo non prenderle. Anzi. Primo offendere, senza prenderle.