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Conte: "La sconfitta per me è un lutto, la competizione una battaglia"

Conte: "La sconfitta per me è un lutto, la competizione una battaglia"TUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Mascolo/PhotoViews
sabato 23 novembre 2019, 13:53Archivio 2019
di Daniel Uccellieri
fonte fcinternews.it

L’Equipe incontra Antonio Conte per una lunga intervista pubblicata sul proprio magazine settimanale: "La sconfitta per me rappresenta tanto dolore. Per un giorno o un giorno e mezzo, non mi sento affatto bene, per me è come un lutto. La sconfitta deve lasciare delle tracce, in me, nei miei giocatori, nel club per il quale lavoro. Impiego energie e forze per trovare rimedi e migliorare la situazione, anche perché la vittoria può portate ad un certo rilassamento. La competizione è una battaglia, quando si combatte non c’è ragione per ridere o essere contenti, Mors tua, vita mea. Sono concentrato sul fatto che ne deve rimanere solo uno, e faccio di tutto perché sia la mia squadra. Io gioco per vincere, questo può infastidire, mette pressione a tante persone non abituate che avrebbero problemi a seguirmi. È il mio modo di essere e mi porterà a finire anzitempo la mia carriera, perché vivo questo mestiere in maniera troppo intensa. Potrò sorridere quando avrò meno responsabilità e meno gente da portare sulle mie spalle”

Qual è il suo metodo?
“Da quando inizio a lavorare, esigo serietà, rispetto delle regole, limiti per dare un orientamento. Dopo, siamo tutti buoni quando si tratta di parlare di regole, ma in quanti hanno la forza e la voglia di farle rispettare quando arrivano i problemi? In tanti girano lo sguardo per evitare pensieri. Io non sono così. Si può essere chi si vuole, avere una grande carriera da calciatore; il calciatore ti valuta, ti pesa in sole due settimane e dice che questo è un grande allenatore, quest’altro no, questo un mediocre”.

Il 3-5-2? “Dipende soprattutto dai giocatori a mia disposizione. In Serie B giocavo col 4-2-4. Ho provato a usare questo sistema alla Juve ma sono passato rapidamente al 3-5-2 o al 3-3-4, secondo l’interpretazione. Quell’approccio era unico. Io e il mio staff siamo sempre stati soggetto di studi. Prima che arrivassi al Chelsea, la difesa a tre in Premier League era un tabù poi le squadre hanno iniziato a usarla. Anche io avevo iniziato con la difesa a 4 ma dopo aver perso in casa 3-0 con l’Arsenal ho deciso di cambiare perché avevo dei giocatori che andavano protetti”.

Lei, simbolo della Juve, ha scelto di allenare l’Inter, la rivale storica. Come si gestisce questa cosa? “Penso di essere una persona onesta e leale sotto ogni punto di vista. Credo nel lavoro, nello sforzo, nel sacrificio. Non mi snaturo, non sono un leccaculo, non ammalio la gente suonando il violino. Cerco di farmi apprezzare per tutto questo, ma se si vuole attizzare il fuoco piuttosto che fare di me un esempio positivo… Sono arrivato dove sono adesso grazie al mio di culo, e non devo ringraziare nessuno a parte i miei genitori. Sono uno spirito libero”.